Era due anni che aspettavo il lavoro che avrebbe seguito l’esordio su major dei romani Elettrojoyce, gruppo che costituisce l’esempio vivente di ciò che noi italiani possiamo fare in materia di rock senza passare necessariamente per ‘derivativi’. Intendo dire, con ciò, che noi, eredi di Dante ma anche della scuola cantautorale, difficilmente riusciremo ad eguagliare le centinaia o migliaia di gruppi che in America, come in Inghilterra, sanno come suonarlo questo maledetto rock. Noi, però, possiamo una cosa: unire la tradizione cantautorale (inutile negarlo… esiste!) con le strutture tipiche di una musica che solo in pochissimi casi riusciamo a suonare meglio dei colleghi che sulle note di quella musica ci sono nati.
Ebbene, questa lunga intro per dire che Filippo Gatti & co. riescono in quest’impresa, sintentizzando al meglio e, soprattutto, su disco, questo concetto: qua chitarre acustiche, là stilettate di sei corde elettriche - senza dimenticare echi ‘vocali’ (un sacco, ma proprio un sacco!) di Battiato, per realizzare un album che si dipana su temi importanti quali il ‘cambiamento’ e il ‘male’. C’è insomma tutta una serie di riferimenti che fanno sembrare questo “Illumina” una naturale evoluzione dei primi vagiti ‘arrabbiatissimi’ contenuti in quell’esordio di cui poco fa accennavo. Se all’epoca, quindi, aspettavamo che arrivasse “Aliante” per cantare a squarciagola, ora c’è “In lumina” a farci sussultare, con quella sua veste acustica e l’andamento da ballata.
Adesso, come nel ’98, il sound (ri)calca gli stessi territori sonori, ma sembra venir meno quella ‘vis’ elettrica per dare spazio ad atmosfere più soffuse e a cavalcate di tutt’altro stampo rispetto, ad esempio, ad episodi quali “Girasole”. Ciò al punto da scegliere come singolo apripista un pezzo intitolato “L’evoluzione dei pesci”, di tutt’altra pasta rispetto a “Licenziare”, rockettone dai contorni punk adesso sostituito da un brano molto più vicino ad una forma ‘canzone’.
Rimane un’incognita la scelta di accantonare le parti di piano, all’epoca molto azzeccati nel complesso degli arrangiamenti finali; forse perché stavolta la band ha provato a cimentarsi con la tecnologia usandola in maniera assolutamente equilibrata. Ecco quindi grandi pezzi del calibro di “Gynestra”, “Nebula”, “Atman” - e forse anche tutti gli altri, perché in fondo il cd scorre benissimo mantenendosi sui binari di un suono a cui le nostre orecchie sono abituate e provando anche intrecci strumentali parzialmente nuovi.
Raccomandarvene l’acquisto è un obbligo, soprattutto se vi manca un nome da aggiungere a quella SS. Trinità formata da Marlene Kuntz, Afterhours ed Estra. Per tutti gli altri la solita storia: se cercavate conferme, “In lumina” non mancherà di soddisfarvi.
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La recensione Illumina di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2000-12-02 00:00:00
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