"Vedrai che arriveremo fino ai bordi dell'inverno, con voli a basso costo prenotati a fine agosto".
Già, l'inverno: quell'arida stagione bianca che può perpetuarsi dentro per anni e sparire improvvisamente un giorno in un attimo, proprio come il tempo di un battito d'ali di farfalla (che in basco si dice "Pinpilinpauxa", ecco svelato il mistero del titolo). Perché scrollarsi di dosso l'insicurezza non è sempre facile, ma una volta fatto si libbra in alto leggeri, e anche più velocemente se il tempo perduto a nascondersi è stato troppo lungo. Così il Garage Ermetico, duo orobico-genoano che dopo tre ispirate auto-produzioni casalinghe tra elettronica ambientale e psichedelia folk entra in studio diventando un gruppo vero (accompagnato per l'occasione in qualche pezzo dalla batteria del Caso, giovane e scapigliato cantautore che potrebbe intrigare i più deturpati tra voi).
Per prima cosa il Garage mantiene una promessa fatta tra i banchetti di qualche MI AMI fa scrivendo il suo primo singolo: fate un giro per il "Vico Della Croce Bianca", annusate l'odore del mare, sentite bestemmiare i muratori dell'Est salendo/scendendo scale per i caruggi di Genova. Poi c'è l'esperimento (riuscito a metà) di "Domenica", tra tribalismo cosmico Akron/Family e arpeggi lievi e stupefatti come la vista di quei primi silenziosi fiocchi di neve nel grigio di novembre (e date un'occhiata al video della versione acustica di "Cacciavite (2)" nel profilo Rockit, girato sulla ventosa e imbiancata sponda destra del Po). Poi c'è la storia vera girata in Piazza Navona de "La Carezza", e qui si sente tutto il talento compositivo del gruppo, ancora acerbo ma già molto personale. E poi c'è l'agrodolce picco del disco "Vuoti A Rendere" ("Tu sei la terra umida che mi sporca le dita / Lavarti via è un'impresa che non so se mi è gradita"), e poi c'è la credibile messa in musica di alcune struggenti parole tratte dalle lettere di Aldo Moro di "Cara Noretta", e ancora l'estasi del pendolare che si perde nel cielo del triangolo industriale dell'"Azzurroarancio Di Lambrate".
Riascoltando i pezzi ci si accorge che la masterizzazione non è perfetta e che il suono è un po' impastato, che qualche volta Daniele al falsetto si strugge un po' troppo, che certe trovate come la fisarmonica sono da perfezionare: ma ci si rende anche conto che questi ragazzi hanno una marcia in più, perché assomigliano sempre più a loro stessi e poco altro in circolazione (e il tempo, lo sappiamo, è galantuomo). Eccovi svelato il miglior segreto di Bergamo: adesso, se potete, fate diventare questa goccia un Mare...
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