“Gli occhi di una preda” è il nuovo album del cantautore milanese Roberto Casanovi, un bignamino delle proprie insicurezze che attraverso arpeggi intricati e una voce delicata ed empatica snocciola una serie di incoerenze sul rapporto con noi stessi e con gli altri.
Un album sussurrato dolorosamente che cerca di sfuggire al cliché della solita canzone triste per andare oltre e cercare di scovare il collegamento tra il nostro effettivo stato emotivo ed alcune velleità umorali in cui rischiamo di crogiolarci. Leggendo la tracklist di questo breve album atipico (anche per gli standard della produzione di Roberto) sembra di avere a che fare con una serie di racconti in cui una manciata di titoli surreali nascondono un contenuto fortemente biografico. Quasi tutte storie che hanno luogo nelle periferie urbane di Milano (“Metanopoli”) ma che spiccano il volo in concetti che sfiorano la metafisica del sentimento (“Il rapporto tra la tua solitudine e l’universo”) per poi richiudersi nell’amara metatestualità di “Il re Kiwi è esploso, viva il re!”.
Un’altra particolarità del disco è costituita dalle chitarre di Roberto, dal suono pulito e brillante, che qui si spingono per la prima volta senza timori verso sonorità emocore. Queste melodie complesse al punto da sfiorare in certi passaggi una ricchezza math rock, quasi con lo scopo di trovare “il modo più complicato possibile per suonare sempre semplice e leggero”, spiccano per non appesantire mai ma anzi sollevare canzoni sofferte e dallo spirito cantautorale, in cui il potente messaggio del testo domina sul mezzo.
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