Il tema portante dell’album è la possibilità di comunicare il proprio vissuto con tutto il carico emotivo correlato, la possibilità di considerare le vulnerabilità proprie e dell’altro in una cultura che ci ha educato a nascondere, come fossero una colpa, fragilità e debolezze. Nei brani troviamo emozioni, disillusioni e conflitti irrisolti, perché vivere è fare esperienza di situazioni piacevoli e spiacevoli. I testi parlano di emozioni per ciò che è inevitabile, delusioni, perdite, morte, tempo, rabbia e tristezza, così come di momenti felici.
Riteniamo che vivere voglia dire esporsi ad ogni possibilità che il caso ci riserva, inclusa la cultura capitalista che ci ha illuso ed il Paese in cui viviamo che ci ha fortemente deluso. L’album parla di condivisione, coraggio, impegno ed i testi sono caratterizzati da defusione ed introspezione. I suoni nascono dall’improvvisazione in sala, da riff e pattern che poi ri-elaboriamo insieme e affinché il risultato ci convinca, deve genuinamente far vibrare le nostre corde e inevitabilmente in qualche modo ci riportano ai nostri ascolti di quel periodo: QOTSA, Royal blood, Tool, Kyuss, Jack White, The Zen Circus, Il teatro degli orrori, Them crooked vultures, The Hives, Holding Patterns, Pavement,
Preoccupations, The Velvet teen.
Che la testa ti sia lieve è sia un augurio che un'esortazione, si può godere del momento presente
lasciando andare per un po' il peso che portiamo.
Nel 2017 abbiamo suonato in apertura al concerto dei One Dimensional Man ed in quella occasione abbiamo conosciuto Franz Valente. Qualche anno dopo ci siamo incontrati nuovamente al concerto dei Love in Elevator, dove abbiamo iniziato a parlare dei nostri rispettivi progetti e lì ci siamo scambiati i contatti. Ascoltando le composizioni di Franz, ci siam detti: con i suoni pazzeschi che tira fuori sia dalle chitarre che dalla batteria, perché non chiedergli di seguirci come produttore artistico? Idea coronata dal fatto che si sia creata una sintonia stupenda e siamo stati stracontenti di poter lavorare con lui e seguire i suoi suggerimenti per cristallizzare e confezionare le nostre composizioni al meglio di quello che poteva essere in quel preciso momento.
Ufo è stato un po’ un padrino per noi, anche con lui l’amicizia nasce anni fa tra birre e chiacchere su Sanremo (prima che gli Zen partecipassero al festival), dal tema di queste chiacchierate deriva la fake call inserita nel disco precedente. Abbiamo mantenuto i contatti. Poi visto che lui è un bassista e noi non abbiamo un basso, gli abbiamo chiesto di suonare con noi in Ubi maior minor cessat. Lui accetta a patto di cambiare il titolo in Ubi maior Minor Threat: noi non abbiamo mantenuto la promessa, prima o poi ce la farà pagare.
Le registrazioni ed i mix sono stati portati avanti tra pandemia e disavventure varie. Alcune per colpa nostra come quando, alla fine di una giornata in studio, abbiamo deciso di fare una pausa e seguire l’intervista di Valerio Lundini ai Måneskin dal computer della regia e far passare l’audio dal Trident (banco mixer vintage). Non sappiamo bene per quale motivo, ma il banco ha smesso di funzionare e poi la scheda audio non veniva più riconosciuta dal sistema. Dopo un’ora di peripezie, riusciamo a risolvere e cerchiamo di riprendere i lavori, ma scatta l’allarme dello studio e non riusciamo a disinserirlo, arriva la sicurezza, arriva l’orario del coprifuoco: giornata conclusa.
Che la testa ti sia lieve
Rough Enough
Descrizione
Credits
Guitars, voice, lyrics: Fabiano Gulisano
Drums, choirs: Raffaele Auteri
Bass on track 2: Massimiliano UFO Schiavelli (The Zen Circus)
Producer, guitar overdub on tracks 1 – 2 – 3 – 6: Francesco Franz Valente
Sound Engineer: Enrico Tabbacco
Recorded and mixed at Buddy Sound Studio
Mastered at Eleven Mastering
Artwork: INNERVA
Graphics: Giuseppe Caturano
Mackie Records
℗ e © Rough Enough
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