L'album, completamente strumentale, rappresenta la prima parte di un concept riguardante la raffigurazione dei Grandi Antichi in musica, evitando quindi di focalizzarsi solo sul Grande Cthulhu come avviene quasi sempre, ed utilizzando allo scopo dei "dipinti musicali" per descrivere le caratteristiche di varie divinità minori della mitologia lovecraftiana. Per farlo, Seizon sposta un po' il focus delle sue composizioni, che in The Great Old Ones utilizzano in misura molto minore le orchestrazioni -comunque non abbandonate- e danno maggiore spazio alle sperimentazioni elettroniche. Per quanto riguarda la parte prettamente tecnica, The Great Old Ones è il risultato dell'uso del guitar synth (nello specifico: Manne 7 corde) e della tastiera virtuale (iPad). Il tutto integrato con vari loop orchestrali e processato mediante Logic Pro. Zampieri riesce ad evitare la trappola della distanza sintetica dall'ascoltatore, riuscendo a trarre dal disco un suono che, pur essendo chiaramente figlio di un lavoro poco tradizionale, è ugualmente molto comunicativo, vivo e in vari frangenti addirittura caldo. La chiave scelta è onirica, liquida e non magniloquente, basando gli arrangiamenti su tempi dai BPM sempre contenuti, dai quali si riesce ad evincere mentalmente la natura colossale e non completamente fisica dei Grandi Antichi.
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