Da quando ho scoperto che mi avevano mentito su tutto ho intrecciato solo relazioni pericolose.
Messa di fronte a me ho rischiato di impazzire. Davanti agli antenati ho conosciuto la vergogna. Accanto al maschile mi sono rimpicciolita. Dentro la cantina dello Stato rischiavo di uccidere, sono uscita. Tra i cantanti ho rischiato di credere che il nostro fosse un mestiere.
È di questo che parla il mio disco, di relazioni.
Le orde di brave figlie sono incontri e scontri da curare con la pazienza dei Santi, sono loro che spalancheranno alla fine le porte del godimento umano più alto.
Le orde sono fatte da uomini che marciano verso la minuscolo-borghesia con le mani piene di benedizioni. L'ironia di chi non vuol piangersi addosso produce il gesto esilarante del “minacciare con qualcosa di buono”. È la consapevolezza che minaccia l'incauto d'impossessarsi di lui.
Del resto, chi fu il primo assetato a dubitare di un bicchiere d'acqua?
Orde di brave figlie è nato in presa diretta. Lo abbiamo registrato partendo sempre dalla ripresa di un trio o di un quartetto sonante.
Antonio Di Martino e Giusto Correnti a governare, Giuseppe Rizzo e Francesco Incandela a complicare, Cesare Basile e Guido Andreani a sintetizzare. La fiducia che ho in questi artisti ha mitigato il mio solito istinto di onnipresenza e ridotto le elucubrazioni personali sull'arrangiamento. Ho lasciato molte scelte artistiche a loro.
Proprio in questo scambio libero abbiamo incarnato il concept dell'album più fortemente di quanto non avessi fatto da sola con la scrittura.
Per i testi ho scelto ancora una volta la lingua italiana, integra; un giorno – giuro – la metterò sul tavolo e la farò a pezzi, prima di usarla.
Un altro amore ribadito in questo secondo album da solista è la terzina in due tempi.
Il due entra nel tre per diventare quattro in una sola battuta: è un movimento che trasporta immediatamente il mio sguardo in un'area desertica piena del fascino tipico di chi ha una storia da raccontare. O quantomeno così è nella visione sonora innata che ho dell'arsura o dei Berberi in avanzata strategica.
Dovrei vivere in Africa o in Arabia Saudita per capire il suono del deserto, lo ignoro.
Ho cominciato però a cercare nel Sud Est del mondo elementi compositivi nuovi – scansioni ritmiche, suoni percussivi o di strumenti preparati, temi del violino, linee dei cori – per inserirli poi nella forma canzone. Uno studio di questo tipo innesca risonanze transcontinentali fortissime che se ne infischiano della genetica, della storia, della politica e della geografia.
Sono cresciuta ascoltando musica di matrice occidentale, americana o nordeuropea, la musica delle repubbliche ‘progredite’. Oggi sento l’urgenza di compiere un flusso migratorio opposto a quello che indispettisce le genti nell'attualità. Preferisco affidare l'inversione dell'esodo ai suoni e non alla retorica sterile di una posizione politica.
Il professore di biologia De Leo ci sequestrò per ore nell'aula Ascoli del Policlinico di Palermo per proclamare a gran voce la forza genetica dei mosaici umani e la debolezza dei ceppi omologati.
La relazione col sé è fondamentale nell’intricato universo dei rapporti. Per questo avevamo deciso di fotografare la mia figura accanto a quella di una creatura mostruosa ma ammansita, in modo da rappresentare l’avvenuta riconciliazione con l'animale.
Poi in una sera qualunque a Catania, quando non c’era alcuna intenzione di realizzare una foto di copertina, un amico per caso ha ritratto la mia storia, una storia qualunque.
Due donne abbracciate, una relazione qualunque.
Dicono che un legame così possa ancora spaccare le famiglie e fermare i cuori dei padri: una relazione qualunque è ancora così pericolosa?
Per quanto il mio privato sarà ancora politico?
Mi scappa così da mostrare il vero volto del pericolo che – visto da vicino – somiglia a una grazia divina.
La rabbia si sta tramutando in coraggio. Per la pace è questione di poco.
E come Tricarico auspicò una fase tranquilla nella vita spericolata di Vasco Rossi, anch'io canto alla Bertè che 'Sono una signora, una per cui la guerra è finita'.
Ma la Bertè se ne frega, si sa.
Orde di brave figlie
SIMONA NORATO
Descrizione
Credits
Musica e testi di Simona Norato (eccetto 'Un solo grande partito', testo liberamente ispirato al romanzo 1984 di George Orwell, 'Ci chiederanno', testo di Federica D’Alessandro e 'Palastramu', tema originale di Francesco Incandela).
Credits
Produzione artistica di Cesare Basile
Registrato e mixato a Catania c/o gli Studi di Zen Arcade da Guido Andreani
Masterizzato c/o Elettroformati (Milano) da Alessandro ‘Gengi’ Di Guglielmo
Assistente in regia: Sebastiano D’Amico
Stagisti: Davide Lo Re, Andrea Dante Privitera, Salvo Pedalino
Simona Norato – voce, piano, synth
Cesare Basile – chitarra, darbuka, bongos e voce in ‘Avremo una casa nella prateria’
Antonio Di Martino – basso elettrico
Giusto Correnti – batteria, percussioni
Francesco Incandela – violino, cori
Giuseppe Rizzo – chitarra, soundscape
Massimo Ferrarotto – batteria e percussioni in ‘Scegli me tra i bisonti’
Marta Caudullo – voce in ‘Questo universo spione’
Nicola mogavero – sax in ‘Orcaferone’
Fabio Piro – tromba e trombone in ‘Orcaferone’
Mariachiara Sottile – flauto traverso e ottavino in ‘Orcaferone’
In copertina: ‘Simona e Chiara’ di Guido Gaudioso
Art work: Amedeo Perri
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