E ci riuscivi bene?
Abbastanza, sì. Ero costretta a fare almeno due-tre concerti a settimana. Ogni giorno chiamavo
ogni locale o circolo arci che riuscivo a trovare e gli chiedevo di farmi suonare. Li ho convinti quasi
tutti (ride).
È servito?
Decisamente. Probabilmente se avessi avuto un altro tipo di disponibilità economica non mi sarei
sbattuta più di tanto. Io credo che l’esigenza di scrivere canzoni prescinda dai soldi, è una cosa
che ti senti dentro e per me è sempre stata una passione molto forte, ma per il live è diverso: fare
tanti concerti è un’ottima scuola, impari un sacco di cose.
Qual è la prima cosa che deve imparare una musicista?
È una bella domanda, ti direi ad adattarsi (ride)
È una bella risposta.
È ancora più importante imparare ad ascoltare, intendo imparare a recepire i vari tipi di
scrittura per poi capire come riuscire ad averne uno tuo e trasmettere le cose che vuoi dire. E poi,
sì, adattarsi, il percorso fatto con i live è stato molto importante. Suonare, suonare, suonare,
suonare.
Non mi hai ancora spiegato, però, da dove nasce questa tua voglia di suonare.
È un’esigenza, non te lo so spiegare altrimenti. È una delle cose più intime in assoluto che ho. Poi,
certo, il periodo a Londra mi ha dato moltissimi stimoli: il mio ex ragazzo è un bravissimo
musicista, abbiamo frequentato moltissimi festival interessanti. Sembra una banalità ma ti assicuro
che determinati concerti possono cambiarti la vita. Sei anni fa mi è capito di vedere James Blake
a Greenman, in Galles. Ai tempi non era certo così famoso, saremmo stati al massimo cento
persone. È stato qualcosa di forte: rimanere a bocca aperta per uno che nemmeno
conosci ti mette in circolo tutta una serie di energie nuove.
Scrivi tanto?
In genere sì, poi dipende dai momenti. Per me funziona così: di solito scrivo la musica, poi la
melodia e tutto il resto. In alcuni casi i pezzi li completo nel giro di qualche giorno, altri ci metto solo
poche ore, dipende. A volte, poi, capitano degli incastri magici, come è stato per “Save Me”, che
ho scritto con Clod, ex Iori’s Eyes. È un mio carissimo amico, ci siamo chiusi in camera sua ed è
stata un po’ come una fusione: ci siamo lasciati andare ed è nato il pezzo.
“Save me” ha un testo particolare, da una parte sembra che tu voglia ribadire una tua forza
e una tua indipendenza dal giudizio degli altri, ma poi nel ritornello chiedi che qualcuno
venga a salvarti.
Quella canzone è nata in un periodo un po’ difficile a livello personale. Il testo è nato così, senza
pensarci troppo. È vero, c’è questa ambivalenza ma è una richiesta di aiuto che faccio
fondamentalmente a me stessa. Nel ritornello mi chiedo: qualcuno può salvarmi? Ma se non sei la
prima a capire che vuoi affrontare determinati cambiamenti, nessuno può farlo al posto tuo.
Mentre “Hearthbeat” parla di una storia d’amore? C’è quella confusione tipica di chi è in
balia dei sentimenti dell’altro.
Questo ep parla di molte persone e di rapporti a cui sono molto legata, parla di passato e di distacco
dal passato. “Hearthbeat” è un po’ tutto quello che rappresenta la Colombia per me. È quel
contrasto che ho sempre sentito - e che sento tutt’ora quando ci torno. Lo stile di vita di quel
paese, il rapporto con mio padre. È quella sensazione che provo quando sono lì: vorrei andarmene
e allo stesso tempo rimanere. Non capisci mai se quello è il tuo posto o meno, se preferisci andartene
subito o rimanerci per sempre.
La cosa più bella della Colombia qual è?
Lo spirito che si respira, come vive la gente, la musica per strada, la forma delle case… A
prescindere dal tipo di confusione che ti descrivevo prima, per me la Colombia rappresenta un tipo di
serenità precisa. È uno stato mentale.
Mentre “Rainbow” è dedicata a tua mamma.
Esatto. Mia madre è una donna molto semplice, è stata una figura molto importante per me, ha
cresciuto me e mio fratello praticamente da sola. È stata una donna assolutamente forte ma, al
tempo stesso, molto fragile. “Rainbow” rappresenta la sua presenza nella mia vita: nonostante i
classici rapporti madre-figlia - che, ovviamente, in certi momenti possono diventare più
duri e complicati - in lei rivedo dei colori e nella canzone dico “I’ll take care of your colors”, ovvero
voglio prendermi cura della tua forza come della tua fragilità. Mi piaceva immaginarla come se
fosse un arcobaleno, tutte queste sfumature la rappresentano bene.