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Il suo album “Rebirth” uscirà il 9 marzo per Carosello Records, ma nella data speciale del MI AMI ORA, il 16 febbraio in Santeria Social Club a Milano, Wrongonyou ci farà ascoltare in anteprima i nuovi brani del disco. Un disco molto atteso, che arriva a quasi 3 anni di distanza da “Killer”, il brano che ha convinto tutti del fatto che Marco Zitelli avesse qualcosa di davvero speciale. In attesa di rivederlo dal vivo, il momento in cui davvero il suo carisma sul palco fa magie, ci siamo fatti raccontare i retroscena di “Rebirth”.
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Vorrei partire subito dal titolo "Rebirth". Perché un disco d'esordio si chiami "rinascita" dobbiamo proprio spiegarlo.
C'è una canzone che si chiama "Rebirth" e che dà il titolo al disco, ma è stata l’ultima ad essere registrata, a circa un anno dall'inizio dei lavori. Come saprai questo disco l’ho registrato in parte in California con Michele Canova un anno fa, però avevo questa canzone in cantiere che volevo assolutamente inserire nell'album. Allora ho chiamato Flavio Zampa, che è anche il mio batterista, siamo stati nel mio studio, dove registro, e ho iniziato ad arrangiarla. Anche a lui piaceva, gli ho lasciato praticamente carta bianca perché mi fido molto del suo gusto e ne è uscito uno dei pezzi a cui sono più affezionato. L’ho cantato in un modo diverso, ed è stata una specie di epifania: la voce è diventata il punto di riferimento di tutto. Dopo tante vicende brutte, problemi personali che mi avevano buttato giù tanto da non cantare più, quel pezzo mi ha fatto davvero tornare la voglia. Come una ragione di vita. Per me è stata proprio una rinascita e da lì ho deciso di dare il titolo al disco. È una vera ripartenza.
Questi problemi personali di cui mi parli cronologicamente dove si collocano? Tra "The mountain man" e la registrazione del disco nuovo?
No, sono avvenuti più di recente, dopo aver girato il film. Ho avuto un periodo un po' confuso che mi ha portato in lotta con me stesso, fino ad arrivare a "Rebirth" che oltre ad essere diventato il titolo del disco è diventato anche un dato di fatto, cioè anche io sono rinato.
Per quanto riguarda gli altri titoli, a livello superficiale, mi sembra di riconoscere un richiamo a una certa classicità americana. Scorrendo la scaletta si legge "Sweet Marianne", oppure "Green river". Sembra il disco di un folk singer americano.
Infatti c'è anche un pezzo dei Creedence Clearwater Revival che si chiama "Green river", l'ho scoperto dopo. Mentre scrivevo i brani non me ne sono accorto, ma i brani nascono tutti chitarra e voce, quindi effettivamente sono dei brani folk, poi si evolvono in senso più pop, di solito ne aumentiamo un po' la velocità e facciamo emergere varie sfaccettature, ma la base con cui arrivo in studio è sempre chitarra e voce. L'unica ad essere rimasta nuda e cruda è proprio "Sweet Marianne" che citavi.
Come mai?
Volevo che fosse proprio un classic rock, ma è anche un pezzo molto personale. Mi ricordo che avevo visto un film in cui il protagonista diceva questa frase, “Ci vediamo agli angoli della tua testa”, infatti il ritornello dice “ci vediamo agli angoli”, ma era giusto che rimanesse nuda e cruda perché l’arrangiamento rischiava di nascondere il significato e come mi sento io mentre la canto.
In scaletta hai inserito anche "Killer", il brano con cui ti abbiamo conosciuto. Come mai dopo tanti anni te lo porti ancora dietro?
Più che altro è stata la canzone che mi ha aiutato parecchio nella carriera fino ad adesso. È stata quella che mi ha fatto scoprire e secondo me meritava un posto in un disco vero e proprio. Non la porto dietro come cimelio, ma come talismano magico. E allo stesso tempo è un pezzo che ha significato così tanto per me, non poteva mancare nel mio primo disco. Poi nella scaletta definitiva (e nei due lati del vinile) i brani saranno divisi in "Birth" e "Rebirth", brani scritti prima e dopo quell'epifania di cui ti parlavo.
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Un nativo americano mi ha detto: "Non ti dimenticare che sei un orso"
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Per esempio "Family of the year" è stata scritta prima o dopo?
In realtà è strano da spiegare e non sono stato proprio corretto nel risponderti prima. Per la maggior parte i brani sono stati scritti prima, ma le tematiche che trattano al loro interno c'entrano più con il "Rebirth".
Una specie di profezia autoavverante?
Sì, per fortuna di un messaggio positivo. All'inizio si sarebbe dovuta chiamare "The better son", il figlio migliore, ma nelle scaletta c'è anche "Son of winter", non volevo confonderle.
Ho avuto modo di parlare più volte con te del fatto che sei uno a cui piace il contatto con la natura, una volta mi hai raccontato che senti la necessità di sederti sugli alberi, di frequentare i luoghi intorno a casa tua, il bosco, il lago. Quindi come hai vissuto il fatto di stare a Los Angeles, totalmente estirpato da quella paesaggistica che siamo abituati ad associare alla tua immagine e alla tua musica?
Ti dirò, un po' l'ho sofferta Los Angeles, perché è davvero asfalto, solo asfalto e blocchi di palazzi. Sono rimasto un po’ deluso, perché a 18 ho scoperto John Frusciante e il mio sogno era andare in California e cercarlo. Ho passato un giorno intero a Santa Monica avanti e indietro per i pontili, sperando di beccarlo! Scannerizzavo ogni persona, guardavo tutti negli occhi, mi giravo a 360° con la Go Pro. Abbiamo beccato anche Harry Styles, per poco non ci scontravamo con la macchina (ride).
E quindi non ti è proprio piaciuta la città?
Mi aspettavo di più dalla città, però abbiamo visto anche dei paesaggi incredibili senza volerlo e mi sono piaciuti da morire. Per esempio a Venice Beach è stato figo perché tutte quelle cose che vedi in tv esistono davvero.
L’emozione più grande è stata quando siamo andati al Joshua Tree e a Palm Springs, quindi tutta la zona del deserto rosso. Volevamo andare a conoscere qualche nativo americano, ma sono stati loro a venire a conoscere me in un certo senso. Un indiano mi ha fermato perché avevo una collana con un orso di turchese. Abbiamo fatto una bella chiacchierata e alla fine ho comprato una collana da lui, e quando sono andato via mi ha detto “non ti dimenticare che sei un orso”. In confronto a casa è stato duro stare lì, è tutto molto commerciale, la gente è frenetica. Inoltre era il periodo della campagna elettorale! Abbiamo visto un sacco di manifestazioni a favore di Trump.
Una vera immersione nello spirito americano.
Sì, eravamo lì proprio il giorno della vittoria di Trump. In California c’era un umore nero. Quel giorno sono andato a vedere il muro di "Figure 8" di Elliott Smith e mi son fatto la foto nello stesso punto della copertina. In un bar là vicino stavano tutti zitti muti.
Qual è stato l’apporto di Canova alle tue canzoni? Secondo te in cosa le ha migliorate?
Gli ha dato un tocco professionale a livello di produzione. Lui è abituato a produrre artisti come Tiziano Ferro, Giorgia, quindi gli ha dato un vestito a cui io forse da solo non sarei arrivato, ma soprattutto gli ha dato una chance radiofonica. Diciamo che Michele è stata la testa e io il cuore viscerale per mantenere la spontaneità dei brani. Michele ha fatto un lavoro proprio da produttore.
Ti sei trovato a tuo agio a lavorare con un produttore così distante dal tuo mondo e con una personalità molto forte?
Sì, lavorare con lui è stato bello. Io sono una persona molto emotiva e timida a volte, però sono stato dritto con la schiena. Bisogna tenergli testa, perché in quello studio c’è un ritmo totalmente differente, senza per favore, grazie e prego. C’è da lavorare intensamente. Il disco non è stato fatto di corsa, ma di fretta, che secondo me è un po’ diverso, e io sono sicuramente cresciuto per quanto riguarda il lavoro in studio. Al contrario però, lui è stato rispettoso dei miei tempi, perché non sono una macchina, per quello che canto devo riuscire a provare qualcosa. I brani tecnicamente perfetti ma emotivamente incompleti non fanno per me.
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In Islanda il silenzio è totale, mi ha davvero sconvolto.
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Se penso a Los Angeles mi immagino un'estate perenne, mentre di solito il tuo mood è piuttosto invernale. Motivo per il quale sei andato in Islanda a girare il video di "Prove it". Com'è stato passare dal sole al ghiaccio?
Non ci tornerò mai più (ride)! Los Angeles bene o male la sopporti, perché la tua testa in generale è abituata al caos, alla gente che chiacchiera, ai rumori. In Islanda il silenzio è totale, mi ha davvero sconvolto. Sono passato dalle pacche sulle spalle, i concerti, le luci, al nulla. Finché stai a Reykjavík è una città come tutte, c’è l’Hard Rock Cafè, il Burger King e tutto, ma se fai un passo fuori dalla città è non ci sono neanche gli alberi. Io ho bisogno degli alberi! Non ci sono gli animali, solo cavalli nani che non sanno neanche correre perché hanno le zampe corte. È una terra che ti mette a confronto con te stesso. Se tu cammini per l’Islanda nella natura, c’è solo ghiaccio. A 60 chilometri da Reykjavík non c'è nulla, solo un vento che una volta mi ha buttato per terra. A me, che peso più di 90 chili! Se non sei concentrato inciampi e vai in terra. È una terra che ti rimette con la testa a posto, o combatti o nulla. Se hai qualcosa da dimostrare, è la terra giusta.
In quanto orso, qual è la tua stagione guida?
Dovrebbero piacermi la primavera e l'estate, che sono i mesi in cui è sveglio, ma preferisco l'autunno e l'inverno.
C'è una canzone, "Son of winter", in cui dici "Sono nato in dicembre".
Avrebbe dovuto essere una cosa personale, ma in realtà sono nato a novembre.
E nella canzone ti identifichi anche con un uomo anziano.
Parla di una persona che sta sul letto di morte e parla a un’ipotetica figlia, moglie o nipotina. Lui dice “Sono nato a dicembre, mi hanno chiamato figlio dell’inverno, perché sulla mia schiena ci sono una montagna e un albero”. In sostanza, quello che voglio intendere con delle parole abbastanza astratte, è che lui si sente in colpa per non aver vissuto a pieno la sua vita. Magari si è dedicato solo al lavoro e si è perso tutte le cose belle. E infatti chiede a questa figura, che vedo comunque come femminile, di fargli vedere le cose belle del mondo.
Hai questa paura per te stesso?
Prima sì, ma adesso direi proprio di no, perché essendo in modalità "rebirth" cerco di fare quello che amo e basta.
Secondo te, a livello di testi, come si sta evolvendo la tua scrittura, a parte il fatto che, se ti devo dire la prima cosa che è sembrato di notare, è che rispetto ai primi pezzi ci ho trovato più immagini.
Sì, sono più figurativi, perché quando uno canta in italiano deve raccontare, mentre con l’inglese ti bastano tre parole per fare un quadro. Ho usato le immagini e per i nuovi brani mi sono sforzato di scrivere strofe più diverse possibile, di arricchire il vocabolario. Visto che molte canzoni parlano di natura, sono incentrate sulle immagini che vedo.
Come quella della copertina del disco, vogliamo descriverla per chi deve ancora vederla?
Ritrae me con dietro una sorta di palizzata, si chiama la Casa del Po. L'ha costruita il Re del Po, un tipo che vive da solo in questa baracca fatta di legna trovata in giro sulla riva del fiume. Dietro di me ci sarà un orso a rappresentare il mio spirito guida, ma c'è anche un lavoro grafico con dei fasci di luce. Ho cercato la modernità nelle luci ma ho voluto mantenere la figura dell’orso, che continua a essere fondamentale.
Una scatola modernissima in cui si ritrova uno spirito antico, mi sembra una buona metafora per descrivere la tua musica.
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