Il lavoro non è solo un mezzo di sostentamento, ma anche uno strumento di realizzazione personale. Per questo motivo la disoccupazione e la precarietà possono rappresentare un vero e proprio disagio esistenziale. Ma cosa accade quando il lavoro diventa il solo mezzo capace di dare un senso alla vita? Cosa avviene se, pur non potendo contribuire alla definizione dei suoi obiettivi, il lavoratore diventa il responsabile del loro mancato raggiungimento? In che modo le trasformazioni dell’organizzazione del lavoro in epoca postfordista determinano le nuove forme di alienazione contemporanea legate all’attività lavorativa?
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