The Crystal Session ovvero "una macchina sonora di cristallo". Qual è innanzitutto la proprietà essenziale del cristallo? Crescere sui bordi. Il modo di lavorare sui suoni e sulla voce è additivo, procede per stratificazioni in superficie e de-borda senza deflagrare mai. E, come un prisma rifrange un fascio di luce dandoci alla vista lo spettro dei colori, la costruzione sonora del duo si articola sulla complementarità di un polistrumentismo che ha dentro spore di musica antica e dream-pop (qui contano unicamente le alleanze "mesmeriche" con i Cocteau Twins, i Cranes, certe sincopi ritmiche -depurate dal rumorismo- dei My Bloody Valentine, e non ultimi i Beach House) e della Eco serica e damascata delle polifonie, in un intreccio -si direbbe- "gotico"; e così i testi dei brani metamorfizzano il tema dell'onirico, del duale (angeli&demoni), dell'auto-spavento, della narcolessia e dell'isteresi creativa dei poeti tardo-romantici che della letteratura gotica distillarono l'essenza fantasmagorica: Edgan Allan Poe ("Raven"), il rumeno Mihai Eminescu ("Hyperion" e "Tearbud"), fino al contemporaneo Jonathan Coe con la sua "Casa del sonno" ("Narcolepshymn") sulle cui guglie aleggiano, chiari, dei gabbiani. La "ri-unione del cristallo" ha le sue visioni inorganiche, riscaldate dalla lirica di un amore saturnino che, intrecciando i fili del sogno, canta: "with my heart- i'll fill all the world with our eagerness, with my love...".
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