“Giorni” Ep è il primo lavoro autoprodotto della band emiliana Tugo, disponibile sui principali store digitali dal 25 Settembre 2020. La band nasce nel 2018 dalle ceneri di un’altra band dall’esperienza decennale con anni di palchi più e meno grandi, furgoni stipati di strumenti acustici e percussioni, mille chilometri su e giù per l’Italia. Dopo un breve periodo di “separazione”, ci si ritrova nella sala prove di sempre (un vecchio garage di campagna, ribattezzato la “Purple Caverna”) ed ha così inizio il nuovo percorso e la nuova creatura Tugo, che due anni dopo si concretizza con la produzione di questo primo Ep di quattro pezzi.
Dal punto di vista musicale si è trattato di un completo reset, una scommessa basata sulla voglia di continuare a suonare insieme trascinati da un’onda nuova, di ripartire da zero e di rimettersi in gioco. Il marchio di fabbrica della band è proprio quello di non avere un marchio di fabbrica, di non imporsi un genere o una modalità, di lavorare il più possibile in maniera istintiva, componendo i pezzi sulle jam che nascono in sala da una melodia abbozzata, un beat di batteria o una sequenza di accordi.
L’intero Ep è impregnato di questa spontaneità, di un amore per la musica che sfocia quasi in gelosia, al punto di aver deciso di produrre, registrare, mixare e masterizzare tutti i brani in totale autonomia, liberi da tassametri in studi costosi e da logiche costruite e artefatte.
Tutto ciò che vi è contenuto, incluse le grafiche, è figlio di quelle lunghe ore ritagliate al sonno e al lavoro che ogni membro del gruppo ha dedicato con maniacale devozione… ore che take dopo take, master dopo master, ascolto dopo ascolto, si son fatte “Giorni”.
Giorni EP
Tugo
Descrizione
Credits
Giorni: Questa è la canzone che solitamente apre i nostri live, forse il pezzo tagliato meglio intorno alla nostra dimensione di trio chitarra, basso, batteria. Due fucilate di batteria e si parte: c’è il riff reverberoso di chitarra, ci sono basso e batteria che disegnano una sezione ritmica portentosa, c’è la strofa appoggiata sul timpano e il ritornello con i chitarroni; siamo davanti ad un pezzo che sarebbe potuto essere scritto di là dalla Manica (Amazons, Circa Waves, Pale White). Il testo è profetico, scritto nel 2019 parla di un mondo, il nostro, che “presto finirà”: il nostro incedere frenetico nella quotidianità ormai perennemente online, l’ansia che ti tiene sveglio la notte.. per fortuna, pare ci sia ancora qualcuno che ci possa curare o, per lo meno, far stare meglio.
Mani: letteralmente il primo pezzo scritto sotto il moniker Tugo, diventa subito il nostro cavallo di battaglia, il pezzo che, forse, più rappresenta e definisce il suono, la strada che vorremmo percorrere imbracciando strumenti elettrici. Su una chitarra crunchy dagli echi Billy Corghiani irrompe una melodia vocale orecchiabile, dopo pochi secondi l’attacco di basso e batteria non lasciano dubbi su quale sia l’imprinting sonoro dei Tugo. Il testo gira intorno ad una ragazza che ci ha fatto o ci fa girare tuttora la testa ma che ha fatto perdere le proprie tracce, lasciandoci come ti lascia una sbronza il giorno dopo: bisognoso di cure.
Nessuno vuol bene al bassista: A metà strada tra il rock&roll e il punk ‘77, NVBAB è un pezzo che chiama il crowd surfing fin dai primi secondi. Chi in fondo non si sente un bassista, relegato ad un ruolo che lo status quo vuole marginale ed emarginato sul grande palco che è la vita ? Chi, come succede al bassista, non vorrebbe allontanare i maestrini, i matusa e concedersi definitivamente la prima fila, l’occhio di bue e la gloria tanto sudata e meritata ?
Dottore: Epilogo dell’EP, un brano onirico dalle atmosfere dilatate, acide, che strizza l’occhio ai primi Verdena, ai Soundgarden e a tutto un immaginario 90’s fatto di accordi in minore e delay a profusione. Il testo.. avete presente quello stato di depressione temporanea che vi prende al risveglio in certe domeniche pomeriggio dopo una serata stupenda, memorabile in cui avete alzato un po’ troppo il gomito ? Il brano termina con una lunga suite strumentale, marchio di fabbrica del sopracitato immaginario; un crescendo ritmico e melodico che sfocia in un rabbioso coup de grace. Brano che chiude i nostri live.
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