Habitat è un brano che parla di passato e consapevolezze. Parla di famiglia e di contrasti, di amore e accettazione. Della paura del futuro e dell’incertezza e la sicurezza delle proprie radici. È la sensazione assillante di sentirsi fuori posto.
Habitat è un punto di arrivo, senza la pretesa di sentirsi risolti, equilibrati. È la ricerca di un proprio posto nel mondo fino a rendersi conto di averlo sempre avuto e coltivato. La scrittura diventa quel posto immaginario (ma non troppo) in cui è possibile creare la propria realtà.
Nel brano ci sono riferimenti reali alla scrittura: il pianoforte scordato (è un pianoforte che esiste realmente, a casa di mia nonna), l’aula magna del liceo dove organizzavo i concerti insieme a persone che ancora oggi fanno parte della mia vita.
La stanza è un riferimento a ciò in cui sono stata costretta a rifugiarmi (sempre la stanza del piano a casa di mia nonna) ma è anche il posto fisico che più di tutti mi rimanda al concetto di passato.
La montagna è un riferimento ad un posto ben preciso del mio passato, in Lazio. È un minuscolo paesino di montagna in provincia di Rieti in cui andavo sempre da piccola (crescendo un po’ meno) e che continua ad essere il posto che mi permette di respirare, tirare le somme. L’ambiente di montagna, il verde, gli alberi, sono sempre stati un territorio amico (e che poi diventa metafora dell’intero disco).
30-05-34 è la data di nascita di mia nonna, è un tatuaggio che ho realmente ed è una sorta di patto. Questo brano è un po’ come tatuarsi, un manifesto in cui sono racchiuse tutte le cose che poi vengono esposte nell’album, un modo per fermare dei ricordi nello stesso posto.
Habitat è anche terrore del futuro, di ciò che non conosciamo. È la contraddizione del voler restare nel proprio passato, nelle proprie radici e la consapevolezza che l’evoluzione è non solo necessaria ma anche inevitabile.
Habitat è il risultato di ricerca, interiore e non. Una ricerca nella propria famiglia e anche in alcuni schemi che, volenti o nolenti, ci si porta dietro. Nel brano spesso si ripete il concetto dell’ “essere qualcosa”. Il percorso di ricerca riguarda anche questo. Un po’ esistenziale come cosa però in un certo senso è proprio il chiedersi “chi sono? Cosa ci faccio qui? Cosa mi trattiene? Di cosa ho paura?”
Habitat è la conclusione di tutto questo e l’inizio di un nuovo ciclo. La comprensione del fatto che non ci si può fermare davanti al tempo, passa lo stesso, e nel mentre non possiamo evitare di affrontare delle cose che abbiamo sempre evitato di vedere e accettare.
Habitat non nasce solo dalla mia penna, ma anche da quella di Diego Ceo, che ne ha composto le armonie. Quelle armonie mi parlavano già della storia che volevo raccontare da un po’.
È un brano “fermo”, “seduto”, calmo. È un brano che si prende il tempo giusto per dire delle cose, nonostante sia corto. Diego ha dato al brano il vestito giusto, un vestito retro, grazie alla ricerca di sonorità Lo-Fi, proponendo scenari evocativi e inserendo momenti autobiografici (come gli audio finali del brano).
Habitat
Vienna
Descrizione
Credits
Autori: Cristiana D’Auria (Vienna) e Diego Ceo
Produzione: Diego Ceo
Mixing e Mastering: Massimo Stano
Creative direction: Andrea Capurso
Artwork (foto): Antonio Zappulla
Artwork (illustrazioni): Pierpaolo Marchitelli
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