Canzoni piene di melodie avvolgenti, ma che sanno spiazzare sempre al momento giusto, ovvero pochi secondi prima di diventare stucchevoli: tra mainstream e genuinità, con profondi squarci di chitarra distorta, il pop della band salentina sa davvero sorprendere
Prendendo in considerazione i Negramaro mi sovviene innanzitutto un piccolo tarlo: come mi sentirei, facendo parte del gruppo, se non fossi Giuliano Sangiorgi, ma, tanto per dire, un Ermanno Carlà qualunque?
Chiariamoci, non c'è la minima intenzione di mancare di rispetto a quest'ultimo o a uno degli altri Negramaro, il fatto è che ci si trova, quasi inevitabilmente, a vivere questa come una situazione appannaggio del solo cantante e il disco come una sua produzione suonata da bravi turnisti: “Giuliano Sangiorgi and band” e chi avrebbe qualcosa da obiettare?
È proprio la personalità del leader, dunque, la prima cosa che spicca lucida e netta in questo disco, mutuata da una voce senza dubbio importante e coadiuvata da una produzione artistica che si adopera decisa in tal senso, se ne aggiunga poi una esecutiva che punta, evidentemente, sull'immagine del giovane, sempre bene in mostra, quando non unico protagonista nei video e il tarlo è più che giustificato, vi pare?
Al di là di queste considerazioni, figlie legittime della dimensione mainstream che i Negramaro stanno raggiungendo a larghi passi, c'è un disco che sa davvero sorprendere, saldamente a cavallo tra la dimensione di cui sopra e un'attitudine che sarà esagerato definire “indie”, ma che sa di vero, fresco e genuino: ci credono i sei e, per questo, sono credibili.
Non c'è nulla in questo secondo lavoro che sappia di costruito a tavolino, le canzoni sono piene di melodie avvolgenti, ma sanno spiazzare sempre al momento giusto, ovvero pochi secondi prima di diventare stucchevoli, di perdersi nel baratro della paccottiglia da Festivalbar o nella mielosità sanremese, tanto che non c'è problema se il gruppo accetta di prendere parte a queste manifestazioni perchè ne esce a testa alta, nulla avendo a che spartire con i vari Sugarfree e compagnia deprimente.
Se è vero dunque che a tratti la somiglianza con alcune cose fatte dall'ultimo Renga potrebbe fuorviare, ecco che profondi squarci di chitarra distorta intervengono spesso a dire la loro, a ricordare che i Negramaro sono nati facendo rock e da quelle parti vogliono stare e, ne sono sicuro, non ci sarebbero dubbi in proposito se il gruppo venisse dall'Inghilterra e cantasse in quella lingua; è già stato suggerito da più parti, perchè dunque non accodarci: mai sentito parlare di Muse e Coldplay?
Pop italiano che respira internazionale dunque, più o meno come i primi Timoria, quelli più new wave, dicevano orgogliosi di sé, in cui si riscontra oltretutto una notevole attenzione per i testi e un grosso lavoro sugli arrangiamenti. Unico neo la produzione patinata e perentoria di Corrado Rustici, perfetta per gente come Mistonocivo e Elisa, ma francamente limitante per un gruppo come questo che, suonasse un tantino più sporco, potrebbe forse aspirare al capolavoro.
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La recensione Mentre tutto scorre di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-06-26 00:00:00
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