Buon quarto episodio, per il folker marchigiano, qui ancora una volta ribadendo il suo personale sunto tra storia e attualità
Un lungo excursus, quello di Coletti, disperso tra vecchie formazioni: Sedia, Polvere, Christa.
Quarto lavoro solista per il musicista marchigiano, aduso da tempo a un’acustica di confine, non priva di riferimenti storico/attuali (o attualissimi, uno fra tutti, il solipsismo “loopistico” di un Mark McGuire), nondimeno rispecchiante bagliori di una personalità sufficientemente definita.
Mood bluesy e traditional folk per l’opener, vero crogiolo di una chimica assimilata, di ascolti ripetuti e metabolizzati, così come una certa tendenza alla reiterazione (che potremmo sommariamente definire post) si insinua a più riprese nel lavoro, seppur tra sfumature di colore seppiato e melò (“Wind Glass”, uber alles). E’ un disco dall’umore altalenante, definendo in confini di una “Land” intimistica, spersa tra un’ideale elegiaco (“Greta” e “Ghost West”), con anelito da frontiera, ma da una prospettiva che va oltre confine, e una malinconica nota di base, che mai molla il lavoro.
Tra anelito alla libertà e timido sperimentalismo acustico, Coletti riconferma quanto di buono detto finora su di lui, con una concreta promessa di superamento.
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La recensione The Land di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-07-25 00:00:00
COMMENTI (1)
evocativo esistenziale elegiaco ........ tra i migliori lavori del 2012 - 8