I Numero6 si avvicinano ai quaranta e mollano tutti i freni, realizzando il loro disco più accessibile e cantabile.
«Quarant'anni sono l'età più giusta per divertirsi
Perché a venti gli ormoni tempestano senza pietà
Mentre a trenta stai ancora a far piani per il successo
Ho buttato quegli anni e quei piani nel fondo del cesso»
Lo canta Federico Fiumani in "Cara Elisabetta". E io di Fiumani mi fido. Sempre. E anche i Numero6 sembrano essere d'accordo, visto che "Dio c'è" è la risposta in formato disco a quanto cantato da Fiumani.
Da sempre affascinati dal pop più pop, i genovesi si avvicinano ai quarant'anni e mollano tutti i freni, realizzando il loro disco più accessibile e cantabile. Tredici canzoni che un ufficio stampa non esiterebbe a definire catchy, piene di ganci e di ritornelli facili. Se il precedente "I love you fortissimo" viveva di continui saliscendi nelle musiche e nel cantato, "Dio c'è" arriva dritto, anche di più.
Per capirci, ascoltate "Persone che potresti conoscere", pezzone che non lascia indietro nessuno e coinvolge già in prima battuta. I brani viaggiano senza sbandate, mentre rimane peculiare lo stile di scrittura di Michele Bitossi, sempre più orientato sul racconto di vere e proprie storie ("Storia precaria", per dirne una).
La voglia di mollare ogni forma di autocontrollo e di andare avanti in libertà si sente anche nei testi. Che sia il "lasciali agli hipster gli inni isterici e le falsità / i ragazzacci adesso arrivano in città" ("Domatore di coglioni") o il "ci pensiamo noi che siam capaci" ("Un mare"), emerge spesso una voglia di dimostrare di essere in grado di camminare in autonomia, senza più bisogno di consigli e di aiuti esterni. In totale libertà. Fino ad arrivare alla mezza cialtronata di chiudere il testo della title track elencando semplicemente gli accordi. Potrebbe essere una spacconata o qualcosa fuori posto. Invece no, tutto torna. A suo modo, uno stato di grazia.
A livello di riferimenti, non si può fare a meno di citare gli 883, che emergono soprattutto in brani come "Domatore di coglioni" e nel singolo "Fa ridere". Completano il quadro un duetto con un altro tizio in stato di grazia (Colapesce, in "Un mare") e la semplicità commovente di "Sessantasei". Poi non tutto è perfetto, come la voce femminile che compare qua e là e che risulta quasi sempre di troppo, ma sono dettagli, che non vanno certo a rovinare l'insieme.
"Dio c'è" conferma infatti per l'ennesima volta il ruolo da protagonisti che i Numero6 dovrebbero avere nel panorama pop italiano e Michele Bitossi in quello degli autori. Ho usato il condizionale, perché questo status, purtroppo, non è stato loro riconosciuto. E allora si torna alla citazione di Fiumani, con qualche certezza in più. Che i Numero6 hanno fatto quello che volevano. E che con questo disco faranno divertire. Perché si sono divertiti loro per primi. E parecchio, anche.
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La recensione Dio C'è di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-10-12 00:00:00
COMMENTI (7)
nessun feedback noise, garantito.
al di là della battutina facile facile sulla compilation 883, non capisco dove sia il misunderstanding.
Verissimo: nella recensione si parla degli 883 "a livello di riferimento". se però la recensione parla di "a suo modo, uno stato di grazia" (unica cit. per dire che l'album è molto ben fatto), automaticamente riferirsi agli 883 diventa un complimento indiretto, e neanche più di tanto implicito.
Sarò pedante, ma non credo si tratti di una forzatura interpretativa. Quelle le lascio a Cicchitto.
"Faustiko Murizzi" hai ragione: ho letto distratto la recensione e poi mi sono fidato de "il passato". si parla di riferimento e nulla più... erràta còrrige ;-)
Il Passato o xemacorex uno dei due o tutti e due "puzzano" di feedbaknoise :)
Siete grandissimi! Uno scrivo "riferimento" e voi lo traducete in "complimento". Cazzo, manco Cicchitto è capace di tanto...
"da quando gli 883 sono diventati un complimento?"
direi da quando è uscita una certa compilation...
Sono d'accordo con "Il Passato". Non credo possa essere considerato un complimento il paragone o l'influenza degli 883, che non hanno avuto (a mio modesto parere) nessun merito se non quello di essere stati "generazionali" (un gran merito! non lo si può negare, ma non può essere questo un criterio di meritocrazia qualitativa!). Detto ciò, questo disco mi pare davvero interessante, ma come tutti i precedenti dei numero 6 bisogna ascoltarlo per bene e nell' "interezza", non riesco a vederli come band da singolo e basta, danno il meglio proprio come "album", dote non comune! Un grande ritorno, comunque, credo amerò la loro musica fino a quando campo. Peace.
da quando gli 883 sono diventati un complimento?