Secondo disco per la band bolognese: cupo, tribale e di denuncia, a pochi giorni dalle elezioni
Se ascoltate il disco senza vedere prima la copertina, più che la monnezza vi verrà in mente una maschera africana, scura, di legno duro. Di quelle che se le vedi al buio fanno paura. Il nuovo disco dei bolognesi The Crazy Crazy World of Mr. Rubik, oltre a parole rubate qua e là alle lingue del continente nero, propone atmosfere tribali e apocalittiche. Ed esce a pochi giorni dal voto con un titolo che è “Urna Elettorale (The Crazy Crazy Crisi)”. In copertina c'è una foto dei rifiuti di Napoli, appunto, con un cassonetto su cui qualcuno ha scritto proprio che è lì che si deve infilare la scheda delle elezioni. Nella monnezza. Già da questo si capisce dove il gruppo voglia andare a parare.
Si deve rinunciare a definire il genere, perché dentro ce ne sono troppi, dall'elettronica al noise senza dimenticare il post punk, il post rock, l'etno post-sticazzi, eccetera eccetera. Ascoltando i testi (tutti in italiano), uno s'immagina un calderone gigantesco, a forma di stivale. Dietro, uno stregone che si diverte alle spalle degli italiani. La politica corrotta, la crisi economica, la delusione di un mondo che non cambia: i temi sono questi. Trattati con pessimismo lucido e una rabbia sfumata da qualche sospensione prog. Ma che resta lì, fissa.
Di sicuro la loro precedente prova, di tre anni fa, era più scanzonata e positiva. Del resto, nel 2010 i ristoranti erano ancora pieni. Ora anche la track di apertura, “Sebele”, nasconde lati oscuri ripresi poi negli altri brani. Praticamente strumentale e mantrica “Pabababè”, ben riuscita. “Cambiamo forma” prepara, rallentando il tiro, al clima di “Live in Punkow”, tributo a Giovanni Lindo Ferretti e i CCCP, con coretti matti-matti a disturbare. Chiudono otto minuti e passa di visioni e speranze. E si resta incantanti come i bambini che guardano i Teletubbies.
Diverse le note di merito per "Urna Elettorale". In un panorama musicale in cui anche nell'underground si fa fatica a sentir parlare di oggi, i Crazy dicono la loro in campagna elettorale, senza urlare. Perché ci si impegna anche facendo a meno del combat folk, ricordiamocelo. I tatuaggi tribali che propongono, poi, non sono mai banali. La pecca è che non c'è un pezzo che ti fulmina, ma tanti sprazzi da raccogliere in giro. Un percorso tortuoso che può confondere l'ascoltatore. Ma loro, si capisce, sono dei girovaghi.
Adesso la curiosità è vederli live.
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La recensione Urna Elettorale (The Crazy Crazy Crisi) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-02-15 00:00:00
COMMENTI (1)
"Del resto, nel 2010 i ristoranti erano ancora pieni". Mitica @skeggia.. :-D