Primo step di una trilogia: quindici minuti per una buona prova. Che fa venire voglia di passare subito all'atto secondo
Ad avercene dischi così, con la chitarra accordata male.
Marco Parente sta tirando fuori dal cappello un'altra delle sue cose. Stavolta è una trilogia e questa “Suite Love” è il primo passo. Quindici minuti scarsi, un poker di atti, numerati da uno a quattro con lo stesso titolo, Sentimento oggetto. Un tributo alla passione e all'amore, a quello cercato, a quello che non arriva o che se ne è già andato. L'intento è ancora una volta da art rock, con prime, seconde e terze parti.
Un concept, in tutto e per tutto, quasi una sola canzone: il cantautore napoletano sa toccare i tasti giusti, quelli su cui è infallibile. E sa anche fare dei passi in più, guardarsi un po' intorno. Attingere al cantautorato italiano di altri tempi e calarlo nel folk intimista. Sintetizzare due decenni di carriera con una leggerezza che impressiona. Ci sono le nenie, volutamente ripetitive, che chiudono il "Sentimento II". C'è la track di apertura quasi classica, da songwriting italiano anni '90. E il "Sentimento III", che con l'armonica strizza l'occhio ai colleghi d'oltreoceano. Infine, la chiusura, con un'alternanza di momenti dilatati e concitati.
Vedremo con le prossime parti della trilogia dove Parente vuole portarci. Per ora, l'inizio è buono e mette curiosità. Furba anche la scelta di pochi e brevi brani, che creano un certo hype. Infine, queste quattro canzoni sono sufficienti a capire da dove vengono tutti i nuovi cantautori di oggi. Non basta imbracciare una chitarra acustica, né cantare in inglese: ascoltate e riflettete.
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La recensione SUITE LOVE di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-06-27 00:00:00
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