Un album quieto e delicato, capace di ammaliare con convinzione l'ascoltatore.
Un album di versioni alternative cameristiche (due violini, una viola, un violoncello, un pianoforte, una chitarra e molta fantasia, sotto la direzione di Carlo Carcano) di solito esce quando si è già detto tutto, quando si vuole offrire un greatest hits un po’ differente ai propri fans o quando si ripensa la propria produzione passata con quello sguardo all’indietro che serve poi a cambiare la propria direzione futura.
Delle tre ipotesi sulla genesi profonda di “Tutto t’orna”, dato che purtroppo, anche se se lo meriterebbe, Fabio Cinti non ha delle hits nel carnet e visto che mi pare ben lungi dall’aver esaurito le cose da dire, la terza è la più probabile. Anche se lo spunto occasionale è venuto dall’apprezzamento dei fans per alcune versioni acustiche live dei brani pubblicati nei primi tre album, “Tutto t’orna”, che esibisce il consueto e significativo calembour cintiano, si configura quindi tanto come una rilettura profonda di ciò che è stato pubblicato finora quanto come un album a se stante. Come sempre accade nel mondo di Fabio Cinti, la forma è sostanza. E se la nuova veste cameristica dona nuova freschezza a canzoni poi non tanto antiche, il disco riesce a riconfigurare un discorso autonomo e compiuto, finendo per narrare un piccola storia, che parte dall’assenza dell’amore e dalla tendenza crepuscolare a contemplare il mondo esterno rifiutandone da un lato la volgarità e dall’altro ornandolo – appunto – per donargli attraverso l’estetica dignità e senso (“L’antidoto”), per raccontare poi della fine di un amore (da “Bow House” a “Days Like This”) e dell’inizio di un altro (da “Dicono di noi” a “Che si posso fare”). Un percorso che finisce per rendere canzone chiave del disco “La distrazione”, nei cui versi Cinti infatti canta: “Vedrai che tutto tornerà / a ricominciare prima di finire / come in certe sere, rimane un po' di sole / ma se guardi bene ci sono già le stelle”.
Musicalmente un album quieto e delicato, capace di ammaliare con citazioni appena accennate, nei nuovi arrangiamenti, di Yann Tiersen (nel finale di “Bow House”) o di “Sei bellissima” di Gian Piero Felisatti (portata al successo dalla Bertè nel 1975) all’inizio di “Vuoto Mimato”, in una narrazione che rimane pop nel senso rococò, ma moderno, del termine, come mostra la ripresa (da “Il minuto secondo”) di “Silent Worship” (composizione del 1728 di Händel, qui nell’adattamento di Arthur Somervell di due secoli dopo), a cui sa unire le variazioni indie folk di “Days Like This” di Alex Turner (non quello degli Arctic Monkeys). Unito nella sua varietà, “Tutto t’orna” piacerà ai cultori di Cinti, ma anche a quelli dei Divine Comedy di Neil Hannon, di certi episodi della carriera di Paul McCartney, Elvis Costello o My Brightest Diamond. Intanto piace a me, che applaudo convinto.
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La recensione TUTTO T'ORNA di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-07-03 00:00:00
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