Aspettando un secondo album, questi due brani creano aspettative altissime
Il rock psichedelico è un’attitudine che difficilmente si disconosce. Fa parte dell’infanzia di pochi eletti e, anche se questi hanno scoperto, crescendo, nuovi generi molto più cool, il richiamo dell’organetto rimane riconoscibilissimo e irresistibile.
The Out Key Hole più che una band è un’area protetta. Non suonano semplicemente un genere, né lo omaggiano, ma lo fanno rivivere conferendogli nuova linfa e struttura. Si rivelano un gruppo colto, dagli ascolti estremamente focalizzati sul genere e le sue diramazioni, rielaborando tali sonorità e creando da zero dei pezzi sorprendenti e mai scontati.
Già dal precedente album del 2011, “Dreams in waking state”, la band si butta a capofitto nelle sonorità acide e nella psichedelia spinta, fino ad arrivare a “Been to mars/Madman on the loose”, conferma della loro scelta stilistica. Un viaggio nel tempo perfetto che spazia tra Electric Prunes, Small Faces e i Pink Floyd di “The Piper at the Gates of Dawn”, arrivando a implementare con queste influenze la psichedelia moderna, molto meno costruita e pettinata rispetto ai Tame Impala, ma non meno curata nei minimi particolari. L’utilizzo di strumentazioni vintage è palpabile, e sembra quasi di percepire il fruscio della puntina sul vinile.
Altro punto forte delle produzioni dei The Out Key Hole è la loro estrema ascoltabilità, non dovendo puntare necessariamente su uno zoccolo duro di cultori del genere ma riuscendo così a spaziare e incuriosire ascoltatori sempre raffinati ma più eterogenei.
“Been to mars/Madman on the loose” sono due bei lavori che colgono di sorpresa e avvicinano ancora di più a un genere apparentemente dimenticato, lasciandoci immaginare un secondo album all’altezza delle aspettative.
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La recensione been to mars/madman on the loose di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-12-10 09:00:00
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