The Comet Nothing but the wind 2014 - Rock, Psichedelia, Garage

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Cosa resterà di questi anni Ottanta? Purtroppo non il Paisley Underground. Ma formazioni come i Comet hanno tutte le carte in regola per farlo rivivere

Cosa resterà di questi anni Ottanta, si chiedeva Raf a suo tempo. In realtà, un po' a sorpresa, sono "restate" molte più cose di quanto uno si potrebbe immaginare. Il problema è che molte di queste potevano benissimo passare agli archivi, e invece ce le troviamo ancora oggi: e la musica non fa eccezione.

Altre invece, sì, sono sparite completamente dai radar: provate oggi a chiedere non dico a un ventenne ma a un trentenne medio chi sono i Green On Red, o i Dream Syndicate, o i Rain Parade. E dire che negli anni Ottanta la neopsichedelia, o Paisley Underground che dir si voglia, il suo segno l'aveva lasciato. Ma qualcosa si è perso, vai a capire il perché.

Basta pensare al recente concerto di Dan Stuart, fondatore proprio dei Green On Red, a Milano: pubblico (il fatto che fosse un martedì non è una giustificazione) non più di 40 persone, compresi i componenti delle due band di supporto. Una delle quali sono appunto i milanesi Comet, che a fine 2014 hanno sfornato questo notevole disco d'esordio giunto con un po' di ritardo alla mia scrivania.

Ecco, i Comet quegli anni Ottanta di cui si parlava all'inizio li conoscono profondamente, tanto che trasudano da ogni loro nota: le chitarre perennemente in saturazione, la voce scura e tormentata, le radici dell'american sound fatte a pezzi con le lame del post-punk, la spola incessante tra il deserto e non-luogo, essenza stessa dell'immaginario Paisley. I riff laceranti ("Bad water", la splendida "Whisper"), la melodia del cantato che si perde nel feedback per poi ritrovarsi negli arpeggi della ritmica ("Faded roses"), gli assoli insistiti al limite dell'ossessivo ("Spirit"), perché i fiori della prima psichedelia sono appassiti da un pezzo.

C'è tutto in questo "Nothing but the wind", che davvero sembra un disco composto e realizzato in quegli anni. E questo non vuol dire che suoni datato, tutt'altro, visto quanto quelle sonorità hanno influenzato, direttamente o indirettamente, formazioni che oggi vengono venerate dagli ascoltatori di rock alternativo. Senza risalire, il più delle volte, alle loro fonti, cosa che invece la band capitanata da Matteo Pauri fa con grande perizia, riportando alle orecchie odierne uno stile che è tra le cose migliori che gli anni Ottanta abbiano prodotto e che band come i Comet e i romani 2Hurt hanno tutte le carte in regola per far rivivere, in Italia ma non solo. Non posso parlare per Raf, ma dal canto mio glielo auguro di cuore.

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La recensione Nothing but the wind di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-04-13 09:00:00

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