Un'eleganza e una grazia difficili da trovare, "Larosa" è come l'acqua che scorre tranquilla nei letti dei fiumi più reconditi
"Larosa" è come l'acqua che scorre tranquilla nei letti dei fiumi più reconditi, residenti in valli lontane ed eteree. Eterei sono infatti i suoni che nascono da questo lavoro, uscito dalle mani -e dal cuore- della cantautrice Bea Sanjust, con il prezioso aiuto di tanti altri musicisti incontrati fra Roma e Brighton. C'è un non so che di mistico nei brani dell'album, come nella traccia di apertura "Sawdust", che suona come un canto magico e antico, a tratti misterioso, o nella traccia di chiusura "Kings", che presenta un fingerpicking soffice e infinito. Con "Two Sisters" tornano subito alla mente quei giorni in cui la pioggia cadeva lenta picchiettando sui vetri delle finestre, così come con la bellezza disarmante e malinconica di "Wildflowers", che ci lascia lì, sospesi fra un ricordo non troppo lontano e un desiderio abbastanza doloroso. Arrivano poi all'improvviso delle ventate di pop sostenuto, come accade in "Julia", e delle sonorità che ricordano la delicatezza di Norah Jones, aggiungendo però un elemento di freschezza importante ("Honey Bye Bye").
"Larosa" ha un'eleganza e una grazia difficili da trovare, ha quelle capacità di trasportarte gentilmente da un punto remoto della mente a un altro un po' più vicino, senza impeti troppo destabilizzanti, ma con cortesia, come a lasciare intravedere immagini a un passo da noi, tangibili sì, ma riponibili in qualsiasi momento, a nostro piacimento ("She Needs Me", "The Eye"). Bea Sanjust è in definitiva un nome da tenere senza dubbio sott'occhio, da scoprire e apprezzare lentamente, con dolcezza, come è giusto che sia. Qui la fretta non esiste, c'è solo bisogno di rilassarsi, chiudere gli occhi e far partire questa meraviglia.
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La recensione LAROSA di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-06-13 10:00:00
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