BebawinigiBebawinigi2016 - Sperimentale, Rock

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Un condensato di eclettismo, sperimentazione, anarchia concettuale e anticonvenzionalità musicale all’insegna della voce e del suono della parola.

Capita a volte che l’eclettismo, come mezzo di espressione artistica, finisca per trascinarsi dietro alcuni irritanti effetti collaterali come l’autocelebrazione o certo spocchioso antagonismo di categoria. Ecco, partiamo subito col dire che la brava Bebawinigi (all’anagrafe Virginia Quaranta) è stata abbastanza scaltra da fermarsi millimetricamente prima della soglia critica, riuscendo a impermeabilizzare le sue fregole sperimentali da certo sterile istrionismo da caffè letterario.
Davvero accorta la polistrumentista tarantina nel capitalizzare al meglio il suo ricco e sfaccettato background artistico fatto di dissennato appetito musicale, tanta voglia di cinema e una comprovata dimestichezza con le colonne sonore (con tanto di premi prestigiosi in bacheca). Un personalissimo uso del linguaggio - tra grammelot, narrazione surreale e regressione infantile - e un approccio marcatamente attorale nell’interpretazione s’imparentano con un bizzarro impasto di generi musicali (dal folk all’industrial, dallo psych-blues alla no-wave, fino alla canzone teatro) nel valorizzare un reticolo di (dis)armonie vocali costantemente in bilico tra istintività e lucida follia.

Dunque lo “strumento voce” e il suono della parola come motori trainanti di questo coraggioso progetto che, senza stare a scomodare divinità del settore come Diamanda Galas o Demetrio Stratos, potremmo più realisticamente avvicinare alle pregevoli esperienze della nostra Petra Magoni nel progetto Musica Nuda (“Cugino itt”), a certe liturgie björkiane (“Fabula”) e persino ad alcune visioni sbilenche del grande Tom Waits (il blues violentato e garagista, da sottoscala detroitiano, di “Dogs & Sharks”).
Tanto di cappello, quindi, a questo breve condensato di anarchia concettuale e anticonvenzionalità musicale – supportato peraltro da una dozzina di valenti collaboratori – che, con disarmante disinvoltura, riesce a confondere complessità (“Maramori”) e divertissement (“Telomelo”), post-modernità e tradizione e che, a fine giro di giostra, dà quasi l'impressione di essere stato congegnato dalla Quaranta più per la propria gratificazione personale che non per l’intrattenimento altrui. E in tutto questo, francamente, non ci vedo proprio nulla di male.

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La recensione Bebawinigi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-05-12 10:00:00

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