La gentilezza della musica dei My gravity girls per raccontare la volontà di lasciarsi alle spalle un periodo scomodo
Poche cose riescono a modellare i pensieri e il comportamento delle persone come la perdita. Il vuoto lacerante che si prova non appena ci si rende conto che qualcuno non tornerà più nella nostra esistenza è un ostacolo insormontabile che si insinua tra noi ed il ritorno alla normalità. Solo il tempo aiuta, ma la musica può contribuire ad accorciare notevolmente l'attesa.
La tetralogia "Irrelevant Pieces" è un progetto plasmato su un viaggio compiuto attraverso una tortuosa interiorità, che estrapola le emozioni sopite nel subconscio di chi lo ha realizzato. I primi due capitoli sono stati (giustamente) suddivisi per raccontare due momenti differenti dello stato d'animo umano: il primo è più raccolto, intimista ed embrionale, e fotografa una prima iniziale presa di coscienza, dipinta tramite una delicata danza folktronica (“Sea Song#2”). Le paure sono ancora piccole macchie che stanno per trasformarsi (“Gentle coma”), rese attraverso chitarre pizzicate, rumori provenienti dalla natura e voci sussurrate.
La seconda parte invece, come in un climax interiore, passa al livello successivo, si arricchisce di nuove sfumature ritmiche e si muove in maniera più decisa (“Sea Song#4”). Chi crea giunge in un luogo in cui lo sgomento diventa incubo, ma si alterna al sogno una volta passato attraverso i remoti corridoi della mente (“Jeremiah”). Suoni puliti ed armonie più colorate indicano infatti una iniziale metamorfosi: “Desert Storm” è l'epifania finale, la rivelazione che il cuore attendeva di raggiungere. E forse anche la volontà di lasciarsi alle spalle un periodo scomodo per poter ricominciare. I prossimi due capitoli ci chiariranno in che modo.
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La recensione Irrelevant Pieces, Vol.2 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-11-04 00:00:00
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