Echopark Ties 2017 - Rock, Pop, Indie

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“Ties” è come un viaggio silenzioso nella malinconia del presente, alla ricerca di luoghi e presenze che non rivedremo mai più.

“Ties” è come un viaggio silenzioso nella malinconia del presente, alla ricerca di luoghi e presenze che non rivedremo mai più. E sa di felici ritorni questo secondo lavoro di Echopark aka Antonio Elia Forte che debuttò nel 2013 con l’album “Trees”. Non è per nulla comodo mantenere il proprio modo d’essere e allo stesso tempo esplorare sonorità nuove e atmosfere sconosciute, rilanciando e conservando però un immaginario dotato di un’indole fortissima.

Possiamo vedere le primissime luci del mattino nella dolcezza riflessa della traccia di apertura “Watching the planets colliding”: intrecci beat e melodie psichedeliche che ci parlano di cieli interstellari e mondi inesplorati e che, quasi in uno scarto temporale inatteso, ritornano alle viscere della notte e alla concretezza della terra nel secondo brano del disco “When the night comes”, in cui riscopriamo il fascino di caustici riff di chitarra, che ci accolgono e al contempo demoliscono ogni nostra minima reticenza. “End”, probabilmente il brano più seducente di tutto “Ties”, si insinua invece come un ago sottopelle, lento, sinuoso, senza fare male. Resta quindi vera, e trova ancora una volta conferma, la definizione che qualcuno diede alla musica di Antonio Elia Forte: “raggi di sole in forma di musica”. Il raggio qui è più violento e corrosivo. Si avverte una maggiore maturità, la componente lo-fi si attenua lasciando posto a una produzione più precisa e oculata e al tempo stesso più istintiva.

La vista suggestiva che si intravede nei brani della prima parte del disco la ritroviamo anche in tracce come “Alan” e “Space dog” che, legate al suono di lievi chitarre che murano i sentimenti in stanze avvolte da tenui vocalità, ci mostrano armonie che sono come porte che ci permettono di entrare e uscire a nostro piacimento da questi spazi ristretti. Ed è lo straordinario potere della musica di Echopark quello di spalancare vedute infinite dentro ambienti ridottissimi e di portare con sé invece la sensazione di illimitatezza propria, ad esempio, della natura e le sue potenze. Poi c’è “Alan” che ci rimanda alla vocalità di un Dan Croll, mentre “Space dog” ha confini sottili che avvolgono arrangiamenti delicati.
La tentazione sarebbe quella di non uscire mai più da “Ties” e in “Oceans” la tentazione si acuisce nel finale, nei cori che raccontano senza sforzo un incanto tangibile. La presenza evidente di Matilde Davoli nella produzione di questo disco si avverte come si avverte la primavera in un fertile campo di alberi da frutta e dona al disco quella pienezza e un morbido gioco di equilibri che (nonostante il mixaggio fosse sempre opera dell'artista leccese) nell’esordio sfavillante di qualche anno fa un po’ mancavano. Unico appunto da farsi è sulla traccia “Origami house”, che forse opta per melodie già sentite, che potremmo ricondurre a ingombranti e brillanti realtà alla M83.
Eppure il nuovo mood che caratterizza Echopark è più vivo che mai in “Bruises” e il tempo sembra fermarsi, nelle linee di basso che ci cullano, insieme alla voce calda di Forte, che sembra colmare per qualche istante il vuoto che ci portiamo dentro. Placa definitivamente la nostra sete continua di incanto l’ordinato caos dell’ultima traccia del disco. Ed ecco quindi “Aleppo” che ci guarda con gli stessi occhi di Thom Yorke e ci ricorda che il viaggio dell’esistenza continua, tra slanci euforici e silenzi più cauti. Alti e bassi appassionati, che sono però lontani anni luce dall’avere un’ultima parola sulle cose. La parola d’ordine qui è “non avere paura di perdersi mai”.

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La recensione Ties di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-03-28 09:00:00

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