Un disco maturo, con una scrittura vivida e personalissima.
Batterie, drum machine, chitarre, sintetizzatori: Pula+ non si è fatto mancare nulla per questo suo personalissimo disco: "Featuring Pula". Un disco che già dal titolo cerca di rompere la quarta parete che sin dagli antichi romani si è interposta tra l'opera recitata e il pubblico.
Pula+ infrange questa barriera praticamente subito con "Cerchio di fuoco", primo brano che cerca di fare il punto sulla situazione in modo più che lucido e accorato. Ad ogni artista tocca metaforicamente zompettare nel cerchio di fuoco ed intrattenere il suo pubblico: Pula però a questo non ci sta, ecco allora l'invito: "Ascoltarmi cantare è solo un bel gioco / Prova a saltare con me dentro il cerchio di fuoco" dice lui, e che sia solo un bel gioco possiamo effettivamente concederlo.
Nonostante "Featuring Pula" sia anche un modo per fare i conti con l'età adulta e i trentacinque anni, è anche vero che questo presunto bilancio è stilato con un'ironia leggera fatta di giochi di parole, calembour e un'ottima padronanza della lingua italiana.
Forse tra gli esempi migliori di questa doppia attitudine c'è "Il freestyle del freelancer": una riflessione sul mondo del lavoro di oggi, sull'idea di posto fisso e l'invadenza delle tasse che il torinese chiude con un leggerissimo quanto efficace: "Se penso da quanto mi mantiene mamma FIAT, mamma mia / Sono 7 anni che ho una Kia"; un'ironia che lascia sì scappare una risata ma non smentisce una certa disillusione a cui l'incertezza economica costringe tutti.
Un altro dei temi fondamentali del disco è la voglia di paternità che si esprime tanto in "Diego", uno dei singoli del disco in cui un figlio viene agognato quanto respinto (sì perché insomma un figlio non basta farlo, bisogna anche poterlo mantenere), ma non soltanto; questa volontà di crescere un bambino ha infatti contaminato il lessico dell'intero disco. Così allora che, per esempio, alcuni passaggi de "Il cattivo", brano dedicato al daimon socratico che quotidianamente Pula porta con sé, sembrano rivolgersi a un figlio più che a un "io interiore". Questo continuo desiderio, frustrato certamente dalla vita l'universo e tutto quanto, questo bello ritrovato "dentro un grande errore", ha, forse a livello incoscio, sconvolto il lessico dell'intero progetto: questa voglia di mettere al mondo un piezz 'e core come solo un figlio può essere ha infatti forse frantumato i "pezzi" in cui l'alter-ego Pula+ e la persona Andrea sono stati scissi.
Ecco allora che si spiega perché esiste "un pezzo di Andrea per ogni angolo di centro e di periferia" e perché per il nostro (o meglio, i nostri) "Essere se stessi non ha senso".
Il riferimento a Fight Club è palese e costante finché si mantiene questo doppio rapporto tra il personaggio e la persona, tra chi le disavventure le vive nella vita reale e chi fa poi la parte del demiurgo e le mette in musica. Dicotomia che conclude il disco con le due strofe di "Alibi" che vogliono parlare di sogni e dei modi in cui questi sogni poi si cerca di raggiungerli.
L'esperienza dei #PULAcoustic ha definitivamente sdoganato l'amore per la chitarra, presente in praticamente ogni brano. Queste venature di blues danno un appeal particolare ai brani, che sfidano senza dubbio i trend dell'ultimo momento pieni di rullanti sincopati e 808.
Neanche a volersi chiedere quali sono i confini tra il rappato e il cantautorato, quello che è sicuro è che c'è sì quella cosina lì del fare le rime ma ci sono anche e soprattutto tante cose da dire e un modo originale e personalissimo di dirle.
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La recensione Featuring Pula di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-05-23 09:00:00
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