I Madedopo addolciscono certi aspetti dei loro caratteri senza rinuncia all'ironia e alla spregiudicatezza che li rappresenta da sempre
A farla da padrone in "Un Incubo Stupendo", nuovo disco del Management del Dolore Post-Operatorio, uscito a quasi 10 anni dal primo (per la precisione sono già 9 anni, e viene da sudar freddo a pensarci), sono come al solito le melodie di Luca Romagnoli e gli arrangiamenti di chitarra di Marco di Nardo, che per l’occasione si è anche improvvisato produttore artistico e quindi dittatore in studio. A vedere il risultato, le cose durante le registrazioni, comunque, devono essere andate abbastanza bene.
Viene da dire che se per Schopenauer la vita era un pendolo tra dolore e noia, i MaDe DoPo sono in perenne oscillazione tra il pop e l’indierock. A voler essere più pignoli, ad un primo ascolto i riferimenti di arrangiamento che vengono in mente sono l’indie inglese ed americano di inizio anni zero (ricordate i primi Arctic Monkeys e Franz Ferdinand, così come i Modest Mouse e i Death Cab for Cutie?), che si alternano di brano in brano o si intrecciano anche all’interno degli stessi. La matrice pop si rivela, invece, nelle melodie delle canzoni e nei potenziali sing along spaventosi in termini di live (in più di un momento si ha la sensazione che a cantare sia quasi Vasco Rossi, o la sua estensione Tommi Paradiso). Entrambi fattori, questi, che conferiscono al gruppo una potenza commerciale enorme.
Ma i Management, ovviamente, non sono solo musica ma anche testi, ed è proprio qui che le cose cominciano a cambiare. L’ultimo (bel) brano del disco, "Ci vuole stile", può servire proprio per spiegare le critiche maggiori che possono essere mosse al lavoro, sembra quasi un’autocritica fatta ad hoc dall’autore stesso. Nei suoi versi Luca Romagnoli sentenzia, in poche parole, che c’è un modo giusto, stiloso per fare ogni cosa, che non si può essere approssimativi e populisti. Nello specifico, bisogna saper parlare d’amore in un determinato modo e quindi canta: “e avrei voluto per una santa volta dirti che ti amo, avrei riempito questa canzone di burro e marmellata ma non si può perché ci vuole stile”. Tutto giusto, no? Il problema è che andando ad ascoltare le prime canzoni del disco, è egli stesso a cadere in situazioni melense che sfociano in frasi decisamente troppo adolescenziali che inficiano la qualità finale dei brani, vedi, ad esempio, “io farei di tutto per vederla ridere, se potessi sarebbe il mio lavoro” in "Naufragando".
Situazioni melense che vengono invece totalmente capovolte dall’ironia e spregiudicatezza di "Esagerare Sempre" e "Visto che te ne vai", che sono protagoniste di spunti testuali simpatici (“e ci piace l’amore ma spesso un po’ di sesso nel cesso ci va bene lo stesso” o “ti prego ascoltami prima che te ne vai, dai chiudi quella porta, è importante ti prego, lasciami una sigaretta”) o quanto meno caratterizzati da un basso rischio di contrazioni di diabete. È insomma su questo tipo di canzoni che i Management devono giocare le loro carte migliori.
I testi, in ogni caso, forniscono un ottimo accompagnamento metrico e soprattutto melodico ai tessuti musicali cosa che al di là della loro originalità, li rende atti alla causa.
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La recensione Un incubo stupendo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-03-16 09:00:00
COMMENTI (1)
Detto senza mezzi termini, proprio non ci siamo!
Dopo Auff e, soprattutto, McMao la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di grande era estremamente giustificata. La commistione di ruvidità e melodia, unita ad un linguaggio diretto e suggestivo capace di formule lessicali sorprendenti ed innovative, avevano acceso le speranze di molti, me compreso. Gia il precedente "i love you" aveva però, mostrato i segni di stanchezza di una formula che sembrava non bastarsi piu, e nel tentativo di fare un passo in avanti ne aveva fatti due indietro. Un passo falso ci puo stare e prima o poi arriva per tutti, ma due sono veramente troppi. Il tentativo dei madedopo di risultare piu fruibili per il pubblico è qui smaccato e quasi imbarazzate. Non che ci sia nulla di male a voler comunicare ad un livello piu ampio, sempre che quello non sia l'unico stimolo per fare un album. In questo caso il sospetto viene, dato che sembrano andate perse(e non adeguatamente sostituite) tutte le caratteristiche distintive di cui sopra. Sembra che invece che crescere e maturare, il gruppo sia regredito in una adolescenza tardiva, dove lo slogan è l'obbiettivo e non la coseguenza di un pensiero sincero. Saper esprimere concetti importanti in maniera diretta è un arte in cui i madedopo si erano distinti ma che, nel tentativo di trasformare un graffio in una carezza, hanno completamente perduto.
Non so cosa faranno in futuro, ma io li seguirò nella speranza che questo disco non abbia un seguito nel prossimo, nel quale mi auguro tornino a fare musica sincera e personale, senza calcoli o retropensieri.