andrea van cleefTropic Of Nowhere2018 - Rock, Psichedelia, Alternativo

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Un disco per chi non sa lasciarsi alle spalle il sogno disperato del rock'n'roll e resiste alle mode con la stessa attitudine di sempre, fra desert, garage e blues.

Quando uno parla la tua stessa lingua, lo riconosci al primo impatto. E Andrea Van Cleef, in questo "Tropic Of Nowhere", fortunato seguito di "Sundog" del 2012, parla la lingua del rock’n’roll. In direzione ostinata e contraria, come solo le nicchie e gli appassionati duri e puri sanno fare. A discapito delle mode, a discapito di tutto. Perché il rock’n’roll, in fin dei conti, non conosce coordinate spazio temporali e resta sempre lì, al suo posto, con la stessa attitudine di sempre.

Ecco, Andrew Van Cleef ha preso quell’attitudine e ce l'ha spiattellata tutta in faccia, senza il bisogno di contestualizzarla o di renderla più catchy. Le atmosfere di riferimento sono ben chiare: il blues-rock americano, quello dei grandi spazi e delle chitarre riverberate che vagano per i campi di granturco. Ma ci sono anche il garage e la psichedelia, oltre a quel pizzico di desert rock di frontiera. Anche l’immaginario è ben definito: basti dire che nel disco ci sono ospiti come i fratelli Del Castillo, che con i Chingòn hanno partecipato alla colonna sonora di capolavori immortali come “Dal Tramonto All’Alba”, “Machete” e “Grindhouse”, e come Patricia Vonne, la sorella di Robert Rodriguez (sì, quel Robert Rodriguez). Il tutto per un viaggio lisergico dal sapore di peyote e deserto.

In “I Wanna Be Like You” sembra di risentire i Black Keys di “Gold On The Ceiling”, in “Friday” risuona il punk più scanzonato, mentre in “I Am The Speed Of Light” c’è quella zozzeria garage che ci piace tanto. Ma c’è anche spazio per l’intimità acustica, in pezzi come “The Highest Score” e “Wrong Side Of A Gun”, quest’ultima dal leggero sapore dylaniano, se non fosse per quella voce baritonale e così vedderiana. In “Get Some Sleep” e in “Paranoid” c’è l’anima di riferimento dell’album, quella desertica con trombe e vibrati a profusione, tanto che entrambe non sfigurerebbero come sigla della prossima stagione di True Detective, se mai ce ne sarà una. La title-track “Tropic Of Nowhere”, invece, è un autentico trip psichedelico, con quel ride riverberato che si rifà direttamente a quello di John Densmore nelle composizioni dei Doors più in forma.

Insomma, “Tropic Of Nowhere” è un album da ascoltare, ri-ascoltare e magari anche suonare. È un disco che resiste alle mode come solo il miglior rock sa fare e si rivolge a chi, quel sogno là del rock’n’roll, non se lo riesce proprio a lasciare alle spalle.

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La recensione Tropic Of Nowhere di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-04-23 09:00:00

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