Se l’hip-hop fosse il PD, Inoki sarebbe Pippo Civati
Con la recente scomparsa di Maradona si sono spesi fiumi d’inutili parole sulla distinzione tra calciatore e persona. Come sei poi il giudizio dell’uomo inficiasse in qualche modo i meriti sportivi. Che stronzata. La musica è un altro ambito, ma sarebbe pressoché impossibile scindere in due campi semantici il resoconto di un interprete che in quasi 30 anni di carriera ha praticamente fatto collimare la propria parabola umana con quella artistica, motivo che tutt’oggi rende l’MC (termine desueto ma mai come in questo caso calzante) bolognese uno dei più credibili esponenti della scena.
La prima volta che incontrai Inoki ero in prima media, in Trentino, in vacanza con l’oratorio feriale. L’Italia non aveva ancora vinto il suo quanto mondiale, i Club Dogo non avevano ancora pubblicato Mi Fist, Fabri Fibra militava ancora negli Uomini di Mare. Il rap non andava ancora di moda e anzi, chi ostentava una certa appartenenza al genere era oggetto di sonore prese per il culo. Le camere erano miste per promuovere chissà quale fenomeno d’integrazione tra ragazzi che, in mancanza dei social, nessuno aveva mai visto. Fra questi, nella mia stanza, capitò un compagno con i jeans larghi e il cappellino da baseball che pompava continuamente la stessa canzone da un cd masterizzato in una di quelle radioline portatili: era l’intro del 2theBeat. Ancora oggi ricordo i versi a memoria.
“Inoki pronto alla sfida di freestyle chiudi gli occhi”. L’assonanza è palese, chissà che in Wild Pirata Tedua non si sia lasciato ispirare dalla stesa traccia. Quella di Inoki sembra la parabola dell’ultimo Rocky, un Sylvester Stallone dell’hip-hop, ormai fuori tempo massimo e sfatto dalla vita che tenta di rimettersi in gioco per il semplice motivo di dimostrare a tutti di saperci ancora fare. E ci riesce clamorosamente.
Ci riesce mettendo da parte i dissapori, firmando collaborazioni con Salmo che solo pochi anni fa aveva dissato. Ci riesce adeguando lo slang all’interprete con cui s’interfaccia, alla città che racconta giustificando l’esistenza della sua crew interregionale, Rap Pirata, in un'ottica veramente old school in cui la credibilità non la si costruisce con i numeri degli streaming o su Instagram ma vivendo letteralmente la strada. Ci riesce senza soffocare il flow “mistico-lirico-tipico” che l’ha contraddistinto sin dagli esordi ma adeguandolo ai tempi che corrono rappando sulle basi dei migliori produttori della scena odierna (STABBER, Garelli, Sine, Crookers). Senza scimmiottare manieristicamente l’immagine di se stesso, di una musica che oggi non avrebbe senso, ma tenendone vivo il fuoco sacro. Insomma, rimanendo underground: continuando a suonare old school, non vecchio.
Sarebbe ipocrita non ammettere che, negli ultimi anni, l’autore di Bolo by Night non abbia mosso un certo senso di compassione, nel sottoscritto come in tanti dei suoi più fedeli fan, perso nel limbo della droga o forse più semplicemente spaesato in un mondo che non riconosceva più. Inoki si è ripulito ed ha ritrovato conseguentemente lucidità, come ammette a più riprese nel disco. Dissing ingiustificati, uscite infelici sui social, sporadici eventi di violenza fisica, ogni suo atteggiamento controverso ci appariva come l’ultimo barlume di una realness che i nuovi interpreti sembrano sempre più millantare, veniva giustificato in nome di un’integrità morale ai limiti del senechiano.
Perché quindi non è possibile scindere Fabiano da Inoki, perché, condivisa o meno, non si può non rispettare la sua filosofia e non si può non ammirare la feroce coerenza con cui l’ha difesa negli anni, combattendo dall’interno una crociata già persa contro un mostro da lui stesso creato. Tenendo alta la bandiera di un’ideale, contro un’inarrestabile deriva che ha cancellato gli stilemi che hanno reso grande un genere e che lui per primo è stato in grado di applicare (e di vivere) nel contesto nazionale.
Se l’hip-hop fosse il PD, Inoki sarebbe Pippo Civati (semicit). A sei anni dall’ultimo album ufficiale, Medioego suona quasi di redenzione. E suona ancora benissimo.
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La recensione MEDIOEGO di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-01-15 01:47:00
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