La pelle d’oca, fulminea e inevitabile. Ma quella è da mettere in conto, si sa. e poi qualcosa che prende a muoversi lento, nello stomaco, anche quello laggiù dove sai bene. Una palla di ricordi e fasci muscolari, snodi elastici carne e bulloni. Piano. Piano. Lo senti anche tu? Lo so. Ed è bello condividerlo ancora una volta, fosse poi l’ultima poco importa. Io e te. Io e voi. Noi. E’ come trovarci a raccolta. Sento il vostro respiro, uno a uno. Senza fare la conta so che ci siamo tutti. A rendere grazia a questa cosa che ci lega. in silenzio. Che occorre essere attenti e lo sappiamo bene, siamo quelli che non si sono fatti comperare da nessuna strategia di marketing, siamo quelli che abbiamo pianto (dentro) quando abbiamo saputo. Siamo quelli che ognuno dica per se. E sono le nostre voci quelle incise nei microsolchi di questo cd. A Roma, al Mattatoio, primo concerto del Ko de mondo Tour (1994), là dove tutto è iniziato, l’urlo paranoico di Maledirai e Finistère. Una versione mozzafiato di Linea Gotica al glorioso Cencio’s di Prato (1995) e così passando da Vicini, tratta dal concerto di Monstar in Bosnia (l’inizio della fine?) per arrivare a quel famoso 5 gennaio 2000, a Firenze con Bregovic, forse il concerto d’addio alla luce di un poi, e da cui sono tratte Irata e una eterea Polvere. Questo disco è per noi. Dalla prima all’ultima traccia. Un ultimo regalo in perfetto stile CSI. Destabilizzante perchenò. Ovvero fare una raccolta in cui tutto è, in pratica, nuovo. Mai uscito nei dischi ufficiali. Già.
E così ecco un bellissimo riarrangiamento di Buon anno ragazzi , uscita ai tempi (1995…) come regalo di Natale ai lettori del Maciste, poi una trasognata Chairman Mao interamente cantata da Ginevra, ovvero l’omaggio dei CSI a Robert Wyatt. Non torna il vero inedito, scritta tra Berlino e Firenze, ovvero là dove si è consumato l’addio, dolce e struggente, nenia dimessa dal testo e titolo emblematico “fermo fase apparente solo movimento, solo mutamento”. Brace per quintetto d’archi e voce che se riesci a respirare sei un uomo ad emozioni zero.
L’inno della fine: Nessuno fece nulla dall’Apocalisse di Giovanni, performance in quel di Reggio Emilia anno domini 1998, liberamente tratto dal testo di Nedzad Maksumic ‘Indicazioni stradali sparse’ vero e proprio prontuario di guerra. Annichilente. Del tutto. Meravigliosa. Una canzone (?) che Prosciuga , Brucia, Spazza via tutto quanto c’è stato fin qui. La lucidità di quando la disperazione passa ogni umano limite. La lucidità della fine. Della morte. Mai sentito nulla del genere, se non nei racconti di guerra dei miei nonni. Incredibile. La voce di Giovanni è stentorea, drammatica, sublime.
Definitiva.
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così va a finire il cd che quasi non te accorgi, con la strumentaleMongolishe, ovvero la quieta dopo la tempesta: un alito di vita per i pochi sopravvissuti al massacro.
E poi?
Già, e poi?
Silenzio.
E quella cosa lì che sapete bene. La malinconia di cosa sono stati per noi i CSI, di quello che già non sono più ora, pochi mesi dopo, e di quello che non saranno mai, non potranno mai più essere. Quel gusto lì, se capite cosa intendo. Perché questo cd è come il fare l’amore quando ormai ci si è persi. Straziante e irresistibile.
Ormai è davvero finita.
E noi
Noi non ci saremo.
“Nessuno è eterno e il tempo della fine giunge, per ogni cosa.
Il tempo non si arresta, si trasforma. La terra è viva. Cresce chi deve crescere e crescerà”
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La recensione Noi non ci saremo (vol.2) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-07-15 00:00:00
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