Primascelta!
Nell'anno in cui finalmente le label dall'estero sembrano sempre più accorgersi di quante band veramente fighe ed esportabili con la stessa facilità della pizza e dei maccheroni nascano dentro questi cazzo di confini, gli His Electro Blue Voice pubblicano – per Sub Pop – un disco formidabile. Superano le vette di tutta la poltiglia post-psych-kraut-punk e sbaragliano gran parte della concorrenza candidandosi ufficialmente a rookie of the year nelle toplist di fine anno. Un po' come fecero i No Age (tra l'altro compagni d'etichetta) ai tempi del primo "Weirdo Rippers", "Ruthless Sperm" seppellisce dietro chili di metallo melodie circolari e asprissime, che farebbero la fortuna di qualsiasi band vogliosa di suonare un minimo rotonda e affascinante mantenendo strati primordiali di disagio e cattiveria.
Urla sempre Francesco Mariani, urla per quasi tutti i 33 minuti del disco, e ad ogni passaggio cerca di misurare la distanza che lo separa da gente come Jaz Coleman e Mark E. Smith. Che ci riesca o meno non importa. Quello che conta è che finalmente esca anche qui allo scoperto una voce selvaggia e malata come quelle che non sentivamo da tempo. Vera e credibile soprattutto, come se ogni parola fosse prima scolpita nelle pieghe di un cuore (andato a male, ovviamente) e dopo sopra i solchi di questi sette pezzi. Su testi scurissimi, dove la morte fa a pugni con la droga e con l'alcol, e quella condizione eterna di mettersi di spalle al mondo annegando dentro i propri deliri personali.
Non esistono mezze misure. Prendere o lasciare. "Ruthless Sperm", come da titolo e artwork, è roba per stomaci forti. Quasi horrorcore nell'attitudine, e in questo suo mescolare cinismo e necessità trucide ("Hello girl, suck this dick and go away", e lo sperma che rimane appiccicato sul resto dei pezzi) a suoni che volano altrove, tutt'altro che tre accordi basic e registrazione lo-fi. Una personalissima dimensione, che sta a metà tra l'etica e l'irruenza dell'hardcore, le visioni acide e storte della psych-intellighenzia krauta e irrisolte tensioni post-punk. Prendete una qualsiasi tra "Spit Dirt", "The Path" e "Born/Tired", partono dritte come The VSS con le chitarre rubate ai Gun Club (la melodia sotterranea, eccola), per trasformarsi poi nella classica tirata kosmische alla Neu!. Otto minuti senza perdere un attimo il fiato.
E tutto senza mai risultare fuorvianti o eccessivi. Facendo il paio col nichilismo di "Sea Bug" e "Tumor", e l'ossessività maniacale alla Lou Reed di "Red Earth". Viene in mente la stessa sensazione che ho provato ascoltando negli anni Liars, Blank Dogs o, per rimanere sul nuovo, l'ultimo Destruction Unit. Oltre il rumore e le svisate c'è di più, sempre. Deliri quadrati verrebbe da dire, per come alla fine puoi caricare il pezzo di tutti i droni che vuoi ma resta, al nocciolo, l'impressione di avere a che fare con una canzone fatta e finita. Bombe nucleari, mica fughe o pugnette.
Insomma, c'è tanta carne al fuoco dentro, ma soprattutto, quello che più colpisce è l'enorme margine di crescita che possono ancora avere. Sono pezzi registrati e pensati in maniera perfetta, ma ascoltandoli sale prepotente il dubbio che quella degli HEBV sia una corsa pronta a spingersi molto lontano da qui. La Sub Pop, gli applausi, i feedback dall'estero, il primo step. Consapevoli che l'estremismo è un luogo dell'anima, prima di tutto. Ci aspettiamo grandi cose.
---
La recensione Ruthless Sperm di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-08-26 00:00:00
COMMENTI (1)
Grande disco, da top five 2013.