Uno di quegli album di bel pop italiano che agli ascoltatori chiede solo e solamente di essere cantato.
“Una delle cose belle di quando ti piace una canzone pop è che stabilisci una tregua incondizionata con il giudizio e lo snobismo musicale. Una canzone pop ti piace e basta, e non c’è bisogno di analizzare nient’altro”.
Questa citazione di Henry Rollins potrebbe essere applicata con successo a qualsiasi pezzo, siamo d'accordo.
Ma se stiamo parlando dei Thegiornalisti forse ha più successo ancora, e per due motivi ben precisi. Il primo è che la band romana ha da farsi perdonare molte cose: un nome infelice, passate strategie di marketing alquanto discutibili e un'improvvisa, gigante, incommensurabile venerazione per Lucio Dalla che potrebbe facilmente venir fraintesa per piaggeria.
Il secondo è che "Fuoricampo" è uno di quegli album di bel pop italiano che agli ascoltatori chiede solamente di essere cantato, riuscendo in quella sospensione cara al cantante dei Black Flag e a chiunque interessi sinceramente godersi un disco.
Di "Fuoricampo", quindi, si nota subito la passione per Dalla che invade la scrittura e che viene tradotta in una proiezione aggiornata e arricchita del suo suono e stile cantautoriale. Una vicinanza sana che, a scanso di equivoci, è alla base dei meccanismi della canzone italiana e della sua evoluzione (qualcuno ha mai rimproverato a De André di essere una replica nemmeno tanto originale di Brassens?). La centralità dei sintetizzatori però riesce in ogni pezzo a sovvertire il gesto cantautoriale, e insieme alla batteria accelera i ritmi fino a portarli agli anni ‘80 di certi New Order, digeriti e risputati nei duemila dai The Drums ("Aspetto che", “Fine dell’estate”, “Balla”) - pantaloni stretti e mossette incluse.
La voce di Tommaso Paradiso indugia spesso sulle vocali con un po' di malinconia nei ritornelli aperti e impetuosi, come si deve a una scrittura schietta e di talento. Le melodie sono quelle da memorizzazione istantanea, la stessa che aiuta anche i testi ad aderire per bene agli status di un sacco di profili facebook: si parla di giovani d’oggi (“Balla”, “Mare Balotelli”), romanticismo e società con versi sinceri ma che spesso si fanno trascinare da una nostalgia compiaciuta che serve da scorciatoia nazional popolare per suscitare empatia nell'ascoltatore (per capirci, il namedropping della bicicletta Atala è compagno di quello del Supersantos di Brunori Sas: la giovinezza delle bici e dei palloni, l’estate la sabbia e i bei tempi andati).
Li perdoniamo, a patto che continuino a scrivere canzoni pop belle come queste.
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La recensione Fuoricampo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-09-30 22:07:00
COMMENTI (5)
Promiscuità è proprio bella. Spensieratezza.
dai con sto disco.. non voglio nemmeno lo streaming percristo
Era da tempo che aspettavo un disco così!
disco dell'anno
bel disco, ottima recensione