"Apprezzo la musica sintetica perché è quella che meglio racconta il nostro mondo, l'unica che lo rappresenta a tutto tondo, al di là delle intenzioni, della volontà, della capacità."
Questa frase estrapolata dalle note stampa di "Co.dex" rappresenta al meglio lo spirito che pervade il disco solista di Giovanni Lindo Ferretti, personaggio fra i più affascinanti sia dal punto di vista musicale che a livello comunicativo. Non v'è dubbio che con i CCCP prima, e con i C.S.I. dopo, abbia contribuito a influenzare il panorama rock della nazione, soprattutto quando la stella del C.P.I. brillava nella costellazione Polygram. Ma stavolta Giolindo partorisce un figlio a suo modo già 'vecchio', non tanto per le caratteristiche fisiche (da intendere come sinonimo di suoni), bensì per il gran parlare di cui si è fatto in tutto questo tempo del suo esordio solistico.
Per il resto "Co.dex" è comunque un disco 'rischioso', sia per chi lo ha composto, sia per chi deve recensirlo; è rischioso per Ferretti in quanto è comunque un (piccolo) taglio con il passato, mentre per il recensore è materiale incandescente da 'modellare' dignitosamente. E allora la prima cosa da scrivere è che il cd suona più come i CCCP che non come i C.S.I., proprio perché i bpm sembrano la traduzione 'sintetica' della carica distruttiva del punk. Tuttavia trovano spazio echi del Consorzio, anche se rielaborati secondo i canoni della macchine manipolate da un musicista che risponde al nome di Eraldo Bernocchi - qui ribattezzato "Ebherard" quando si tratta di inserire il suo nome sotto la voce 'produzione artistica'.
Gli intereventi dei musicisti sono da sottolineare: la tromba e la voce di Toshinori Kondo sarà come un treno in corsa quando verrete investiti da Varum, canzone posta in apertura e sorta di rilettura 'punk-industrial' di un qualsiasi (?) brano dei CCCP. Discorso differente per la successiva Cadevo, forse il pezzo più bello del disco, dove le chitarre di Zamboni ci sono… e si sentono! Poi tocca a Trabocca, che più l'ascolto e più piace, con quel suo tocco raffinato di contrabbasso e violoncello a contrastare i beat rumoristici di mastro Bernocchi.
In generale il lavoro non si sofferma solo sui ritmi industrial, proprio perché è un album di Ferretti, dove è vero che le atmosfere musicali contano, ma le liriche non sono da meno: dalla crudeltà di Barbaro all'aspetto visionario di Contatto, passando per le citazioni del passato di Frontiera ("voglio ciò che mi spetta / l'ho detto l'ho cantato lo ridico l'ho ridetto"), tutti i testi hanno un retrogusto 'lisergico' tipico dell'arte di Giolindo.
"Co.dex" è comunque forte, compatto, 'cubico', pesante, denso, spesso, grande, ingombrante. Preparatevi, perciò, a passare notti insonni.
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La recensione Co.dex di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2000-04-15 00:00:00
COMMENTI (1)
Che recensione superficiale.