L'intransigenza politica dei gloriosi Public Enemy splende ancora, per chi non si arrende
Assalti frontali quindi. Ancora, nonostante tutto. Un nome una garanzia. Chi già li conosce sa di cosa sto parlando. Chi non li conosce (perché NON ha voluto conoscerli) anche. Assalti frontali è una storia lunga quasi 10 anni (erano allora i tempi dell'Onda Rossa Posse). Erano i tempi del ribollire inquieto per le strade di “una città razzista come solo Roma sa essere”. Erano i tempi delle occupazioni. Della scoperta per molti di quegli strani agglomerati urbani, per lo più decadenti e tuttavia coloratissimi, rumorosi, pulsanti che andavano (e vanno) sotto il nome di Centri Sociali. Il Forte Prenesino a Roma, il Leonkavallo a Milano, l'Isola a Bologna. Luoghi vitali, fermenti vivi di una nuova speranza per moltissimi giovani. Era il tempo dello sbarco in Italia del rap, del fenomeno tutto nostrano delle posse. Si cantava il disagio delle minoranze, la mancanza di sbocchi per il futuro, il proclama politico, si incitava alla guerriglia (anche e soprattutto culturale). Le autoproduzioni non si contavano. Per molti gruppi, Assalti Frontali in piena linea, non era più necessario passare attraverso i canali ufficiali del music business per uscire allo scoperto. Non era più necessario elemosinare un passaggio in radio o in video che non sarebbero mai potuti arrivare per chi produceva musica (e contenuti) tanto scomodi. I canali erano finalmente “altri”. Insomma, sembrava possibile smuovere quello che fino a quel momento era rimasto cementato. Sembrava. Verbo coniugato all'imperfetto passato.
Sono cambiate parecchie cose da allora. Alcune addirittura impensabili se viste nell'ottica di ciò che fu. Tanto che oggi. 1999. Addirittura capita che Assalti frontali firmi un contratto per 3 dischi con la BMG/Ricordi e il glorioso C.s.o.a. Leonkavallo si trasformi quasi in una megadiscoteca alla moda. Ora, non è mio compito (non ho ne la forza ne il diritto di farlo) trarre conclusioni sulle motivazioni che possono aver spinto Militant A a compiere un passo così critico (fra l'altro ha lui stesso già detto parecchio nel libro “storie di assalti frontali: conflitti che producono banditi” ed. Castelvecchi). Perché capisco benissimo che non essendo riusciti a cambiare le cose con un attacco frontale, infiltrarsi nell'organismo come un virus per cambiarlo da dentro potrebbe essere la tattica vincente. Però è altrettanto vero che dall'infiltrarsi all'esserne assorbiti il confine è molto labile, quasi inesistente. E che bisogna essere veramente troppo integri per non soccombere. Stop.
BANDITI, questo 3° disco ufficiale di Assalti Frontali, è una prova di non resa? Di integrità?
Forse sì, forse no. Resta il fatto che è un bel disco, ed è quello che in questa sede conta di più.
Sia nei suoni che nelle liriche è un disco decisamente al passo coi tempi. Le sonorità in bilico tra hardcore e raggamuffin di Conflitto(1996), lasciano il posto alle basi, ai campioni e all'abile taglia e incolla del bravissimo Ice One (caposcuola della scena hiphop capitolina e si sente!). Basi possenti, mai però sopratono, calibrate a pennello sulla particolare metrica di Militant A. Quest'ultima fra l'altro ha subito non poche migliorie rispetto al passato. Si sente il lento e lungo lavoro di cesello, di studio e di confronto con la nostrana scena hip hop. Il flow è decisamente più sciolto, le rime girano bene. E poi quella consueta maniacale attenzione al Messaggio, marchio di fabbrica mostrato con orgoglio ad ogni battuta. Se mi si passa il paragone (e non vedo perché no) c'è parecchio dell'intransigenza politica dei gloriosi Public Enemy e insieme parecchio vissuto metropolitano nel lato oscuro della strada in stile, ad esempio, Das FX. Un'altra cosa che colpisce è la ricchezza dell'immaginario di riferimento. L'abbondanza di metafore nei testi conferisce una nuova felice poeticità all'insieme. .Ne fanno uno strano e affascinante ibrido “tra Merlino e Marx “ (per citare una strofa di Viaggiatore, traccia 7 del cd) . A partire dalla fierezza e dalla ferocia del lupo in copertina, passando per la notte, l'acqua, il fuoco, la nebbia, le stelle. Tutti gli elementi uniti a sorreggere il conflitto del bandito per la sopravvivenza. Troviamo un Militant A davvero ispirato. Strofe come “un occhio all'immediato e uno all'infinito” o “ perderò la strada e troverò la mia salvezza/staccarsi non è facile per niente ma va bene/il mondo sconosciuto/è il mondo che mi appartiene” le trovo personalmente bellissime. Lo stesso dicasi per i 2 pezzi “notturni” Notte e fuoco e Notte d'acqua, in cui Militant A ci si presenta nell'insolita veste di cantore d'amore: “voglia di baci e di carezze e di mentirmi questa volta almeno”, “ ora basta/lasciami dormire/vedi che vuol dire le grandi passioni/devo uscirne fuori/questo letto è grande per dormirci soli”. Per tutta la durata del cd la tensione non cade un secondo. Dall'inizo alla fine. Pezzi come Zero tolleranza, Va tutto bene o Banditi, oltre a quelli già citati, sono davvero una bomba ad orologeria. Va poi a “chiudere a il cerchio” A 30 miglia dal mare, ultima traccia, ideale filo di collegamento con l'ormai storico Bagdhad 1.9.9.1..Purtroppo, ora come allora, è la barbarie ingiusta di una guerra infame ad essere nel centro del mirino di Assalti Frontali. E ora come allora è un grido di rabbia: “la terra urla/ ferma la guerra/ c'è chi l'ha preparata ogni giorno/ fino qui al non ritorno”. A levarsi perché nessuno dimentichi o possa dire “non mi riguarda”.
Niente da dire. Alla fine questo BANDITI è davvero un lavoro ad alta intensità. Riuscirà ad avvicinare nuovi ( e più) ascoltatori al talento di Militant A ? Un augurio. Nel frattempo, se vi capita, ascoltatelo pompato dalle casse del sound system di un qualsiasi centro sociale. Potrebbe avere ancora un senso.
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La recensione Banditi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 1999-09-29 00:00:00
COMMENTI (1)
Questo disco era verzmente bello.