Da Firenze retrofuturismo technokrautico a prezzi di saldo: tra ritagli di cosmo e angosce metropolitane.
Una volta lessi da qualche parte che se non fossero esistiti i Tangerine Dream molto probabilmente i Depeche Mode non avrebbero mai neanche sfiorato il tasto di un synth. E non solo loro, aggiungo io. Lunga è infatti la lista di coloro che ancora oggi attingono a quell’immensa fucina di intuizioni post-moderne e ardite sperimentazioni che fu il kraut-rock teutonico negli anni ’70. Certo, non si contano poi le contaminazioni che esso ha subito nel tempo, è vero – ad opera di pop, progressive e psichedelia in primis – ma resta il fatto che il suo congenito futurismo analogico non ha mai cessato di alimentare le visioni di tutti gli elettronauti delle generazioni a seguire, nessuno escluso.
Il buon Givda si accoda alla carovana e confeziona tre strumentali che partono proprio da quel didascalico mondo sonico per poi addentrarsi in territori meno accademici, sentitamente affezionati tanto alla techno primordiale di Doris Norton quanto alle cupe sospensioni cinematografiche del grande John Carpenter (“Overtura”). A rendere più appetibile la sintetica ricetta un po’ di sana minimal wave (“Techa”) e qualche velata sfumatura horrorifica, sparsa qua e là, che avrebbe fatto la gioia di quel buontempone di Vincent Price (“Pleasure for the fire”).
Tre brani appena, ma comunque sufficienti ad attestare la capiente memoria storica e l’algido estro descrittivo del fiorentino Francesco Lippini – abile domatore di synth, sequencers e altre diavolerie datate – visibilmente a proprio agio nel fluttuare tra stranianti ritagli di cosmo e angosce metropolitane.
---
La recensione III di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-08-11 00:00:00
COMMENTI