Un disco istintivo, trasversale, in cui l'uomo solo al comando si apre al mondo per portare il suo messaggio universale: "We can only be winners / if we got nothing to lose"
Un uomo solo al comando. Lo è stato, Johnny Mox, nel suo primo disco e nell'ep che ne è seguito. La one-man band più inconsueta d'Italia. Solo beatbox, loopstation, la cassa di una batteria, e un genere un po' folle e irrintracciabile, se non in quella terra di nessuno che sta tra gospel, punk ed elettronica, e che lui ha dichiarato territorio indipendente. È ancora un uomo solo al comando, per certi versi, con questo nuovo "Obstinate sermons", e per altri non lo è più.
Lo è ancora perché è sempre lui a suonare tutti gli strumenti, l'unico a dar voce alle incendiarie invettive che compongono i testi di questi "Sermoni ostinati". E perché il suo spirito non è cambiato, rispetto agli inizi, anzi se possibile è ancora più rafforzato. Dalla maggior consapevolezza di sé. Ma anche di ciò che accade intorno a lui.Che riusciva, e adesso riesce in modo ormai compiuto, a rendere il cortocircuito tra rabbia e profondità, tra intimismo e chiamata alle armi, non solo stabile, ma anche perfettamente naturale. E così naturale è anche la convivenza degli spirituals con band come P.I.L., Rage Against The Machine ("Ex teachers"), certi Chemical Brothers (i loop di "O' brother"), e persino Nick Cave ("Long drape"), che per le figure dei predicatori ha sempre avuto un debole.
E assolutamente naturale, trasversale è l'istintività, l'urgenza di comunicare del reverendo Mox, che si esprime al suo meglio tanto più l'argomento è diretto: "We can only be winners / if we got nothing to lose". E trasversale può essere questo disco, che va ben oltre i generi e i temi chiamati in causa: veicola insomma un messaggio universale, come tutti i sermoni che si rispettano. E lo fa sbalzandoti dalla sedia. Impossibile non concedergli almeno un "Amen".
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La recensione Obstinate Sermons di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-01-12 00:00:00
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