Un sound decisamente alienante e ombroso ma pur sempre riconoscibile: i Calibro 35 ci portano nello spazio.
Giocare con gli acronimi non è mai stato il mio forte; tuttavia quelle lettere puntate in copertina, con quell’omino tutto solo in mezzo a pianeti e asteroidi, avvolto da un’aura che somiglia a un raggio cosmico, suscita una sorta di cortocircuito per cui viene naturale cercare un significato che vada oltre il significato etimologico della parola “space”: Suona. Paurosamente. Alienante. Consuetamente. Eclettico.
Al di là delle considerazioni che si possono fare sempre sui Calibro 35 (sono una band strumentale, fanno musica dalle suggestioni cinematografiche, suonano le musiche dei poliziotteschi, eccetera eccetera), la band ha costruito di nuovo un universo altro, che comunica sì un’inquietudine di fondo, ma questa volta non dovuta all'assassino nascosto dietro la porta o all'investigatore che indaga con la pistola spianata. Messi da parte i passamontagna, i quattro musicisti hanno infilato la tuta da astronauta e sono partiti per profondità spaziali e a tratti lisergiche, grazie soprattutto all’ampia gamma di organi e tastiere che ancora una volta non si fatica ad immaginare sullo schermo, in testa a serie televisive di fantascienza dal sapore decisamente vintage (quelle con le navicelle mosse da fili di nylon in bella mostra, per intenderci).
Non che le solide basi funk siano state accantonate (in tal senso ascoltatevi “Bandits On Mars” e la sua paurosa linea di basso); eppure l’innesto di angoscianti trilli effettati di tastiera (“74 Days After Landing”) e di accordi di organo super riverberati (“Universe of 10 Dimensions”) ha conferito alla pasta sonora della band milanese un quid decisamente alienante e ombroso, che non offusca minimamente la loro straordinaria capacità tecnica e creativa.
A dimostrazione che oltre a essere sempre una certezza, i Calibro 35 sanno portare la loro idea musicale in mondi altri, da una caserma a Saturno, dalle volanti di polizia alle navicelle spaziali, mantenendo la loro riconoscibilità di fondo.
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La recensione S.P.A.C.E. di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-12-07 00:00:00
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