“I semi del futuro” suona come una visione mistica, un percorso di immaginazione estrema e bambinesca (nel senso più candido del termine) verso un orizzonte dai contorni meravigliosi e indefiniti.
Quella del nastrone (meglio conosciuto come mixtape) è un'arte che ormai comincia ad essere quasi antica, ma che ancora non ha perso la sua spinta creativa: per compilare una lista di canzoni di diversi generi e autori riuscendo nell’intento di rendere l’ascolto non solo piacevole e interessante, ma anche bello, ci vuole gusto e orecchio.
Francesco De Bellis è uno che, un po’ come tutti noi, ha vissuto l’epoca del peer to peer e della blogosfera come un lungo pomeriggio in un parco giochi sconfinato: poter letteralmente entrare nella collezione di dischi di chiunque e “rubare” i titoli più interessanti ci ha fatto passare degli anni piuttosto entusiasmanti, se non altro dal punto di vista della ricerca musicale. E il risultato di questa ricerca, per lui spesso coincideva con dei nastroni da ascoltare dall’inizio alla fine, in macchina con il suo amico Luca (dal quale, lo avrete indovinato, arriva il nome del progetto). Molto spesso però mancavano dei tasselli, dei pezzi di raccordo che legassero bene l’atmosfera evocata da due diverse canzoni - così ha pensato bene di iniziare a crearli lui stesso, fino a ritrovarsi per le mani un vero e proprio album.
“I semi del futuro” è un disco che riflette i colori di un eclettismo verace, e che affonda fino alle ginocchia nella tradizione italiana delle colonne sonore: ci sono echi di tributo a Morricone, Piccioni, ma soprattutto all’Umiliani delle sonorizzazioni uscite su Omicron negli anni '70 (“Polinesia”, “Relax”, “Il Continente Nero” e via dicendo).
Il disco, in effetti, è costruito attorno ad un concept naturalista, quello della comparsa della vita sulla terra. Si parte dalla colonna sonora della creazione (“In principio”), a quella promiscua dello sbocciare delle prime primavere (“Anni Verdi”) fino al rapporto più generale tra uomo, natura e mito (“Sirene”, “In the Sun”) che colloca il disco su di un punto preciso della mappa italiana: la geografia frastagliata e misteriosa del Circeo.
Piano rhodes, chitarre, percussioni, fugaci incursioni elettroniche accompagnate da voci narranti: più che colonna sonora, “I semi del futuro” suona come una visione mistica, un percorso di immaginazione estrema e bambinesca (nel senso più candido del termine) verso un orizzonte dai contorni meravigliosi e indefiniti.
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La recensione I semi del futuro di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-08-29 00:00:00
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