Donato Epiro è uno dei compositori più interessanti scoperti in Italia negli ultimi anni
A tre anni dall’esordio “Fiume Nero”, Donato Epiro torna con un nuovo album. Abbandona l’uso delle percussioni e dei ritmi etnici e si concentra su tanti loop che dialogano tra di loro. “Rubisco” è un disco composto a strati: ci sono rumori, campionamenti, field recording, onde radio e, a volte, dei beat che scandiscono il tempo in maniera decisa e prepotente. La prima impressione è quella di un concept industrial dal sound asciutto e tagliente ma poi si capisce che la gamma di frequenze è molto più ampia.
La bellezza di “Rubisco” è in ogni singolo sample: provate ad alzare il volume verso la fine della title track, appena dopo la sua parte più violenta, e scoprirete un piccolo glitch che si ripete a intervalli regolari sotto ad un feedback che cresce e poi muore; sarò un romantico ma lo trovo commovente. In alcuni casi sentirete anche delle note in lontananza (“Luminosa” e “Affluente”), accenni al dub (“Ombra Marina”) e partiture elettroniche dove il silenzio diventa la sponda su cui far rimbalzare il suono (“Un Nuovo Linguaggio”).
È affascinante assistere a questo gioco sbilenco fatto di campionamenti che non sono stati scelti per andare a tempo l’uno con l’altro, crea un tipo di tensione molto interessante che sprizza aggressività da tutti i pori. Oltre ai Demdike Stare e ai tanti musicisti - da David Weinstein in giù - che nei decenni scorsi hanno sperimentato l’uso dei campionatori, ricorda quell’attitudine sporca e cattiva di Powell o del sempre sia lodato Russell Haswell.
“Rubisco” è un disco che richiede attenzione: a differenza di molti album noise/ambient non può rimanere come un semplice sottofondo ma va seguito, loop dopo loop, se si vuole capire il disegno d’insieme. L’uso dei beat, infine, aiuta i singoli pezzi ad essere ben definiti e riconoscibili senza mai staccarli dal flusso in cui sono immersi. Ci si trova davanti ad un piccolo mondo, tante particelle invisibili che si legano tra di loro creando qualcosa di più grande. Mi ricorda gli scheletri di quelle case in costruzione mai terminate, tipiche dei paesi di provincia, che negli anni accumulano detriti e rifiuti diventando il racconto dell’esistenza umana pur rimanendo inabitate. Parla di vita, anche se non esplicitamente.
“Rubisco” è un progetto complesso e sicuramente non piacerà a tutti, ma mette in evidenza un talento raro, a maggior ragione se si tiene presente che Donato Epiro è solo al secondo album e che il primo era già una bomba. È uno dei compositori più interessanti scoperti in Italia negli ultimi anni e, sicuramente, ne sentiremo ancora parlare in futuro.
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La recensione Rubisco di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-04-10 00:00:00
COMMENTI (1)
Ascoltandolo dopo un po' mi sono chiesto in che modo abbia depositato i pezzi in Siae.