Frah Quintale è uno di quelli che hanno "il dono"
Basta poco, giusto un ascolto superficiale per capire che Frah Quintale è uno di quelli che hanno il dono. La capacità rara di usare le parole come tessere di un puzzle, in un gioco armonioso di vocali e consonanti che vanno ad adagiarsi con naturalezza su melodie che riescono a essere catchy anche quando l’emotività è ai massimi livelli.
Mezz'ora e spiccioli per raccontare e rendere tangibile un anno di vita a cuore aperto (e spezzato): dieci canzoni che vengono dall’hip hop, riuscendo a smarcarsi dal rap per andare a brillare in una sorta di r ‘n’ b italico perfettamente al passo coi tempi.
Il talento di Frah era già chiaro ai tempi dei Fratelli Quintale (andare a riprendere l’ottimo “Tra la favola e il bar”, please), quando con la sua voce andava a colorare le rime spinte del “fratello” Merio; in questo “Regardez moi” esplode, come la crisalide che prende coscienza di ciò che il destino ha in serbo per lei.
Poesia, alla fine di questo si tratta: riuscire a disegnare immagini ed evocare sensazioni mettendo le parole dove tu sai che devono stare, dove le storie si incontrano in un campo unificato, in cui la tua storia ha i tratti della mia. Poesia e pop nel senso migliore del termine, quello che racconta l’amore senza annegare nel miele o nelle lacrime, guardandosi intorno e sapendo cogliere la bellezza in un mondo che va a rotoli.
Groove infine, quello di basi in cui tutto è calibrato con fantasia e competenza da veterani del genere, a creare fondamenta su cui innalzare palazzi da decorare con la bomboletta (“Regardez moi” era un “graffito” dell’artista Filippo Minelli sulla sommità di un hotel di lusso, costruito nei pressi della stazione di Brescia, mai entrato in funzione e diventato ben presto rifugio di homeless e ricettacolo di vite ai margini).
Nasce così un brano come “Nei treni la notte”, probabilmente il vertice dell’intera produzione del nostro, spia di quanto di buono potrebbe arrivare in futuro: pochi versi che si trasformano in scatti fotografici e raccontano l’amore per una città da cui è quasi inevitabile scappare, ma da cui è impossibile allontanare il cuore (“ti ho vista illuminarti all’alba / eri bella pure quando si son spenti i lampioni”).
La disperazione parossistica per la fine di un amore trova in “Cratere” il perfetto, potenziale, amarissimo tormentone estivo in cui si augura una buona estate a una donna ormai lontana (“io sarò altrove, in un posto freddo fra le tue parole”); e ancora di più in “8 miliardi di persone”, perla compositiva dal sapore agrodolce, col ritornello da cantare in coro sollevando il proprio smartphone con la torcia accesa (di questi tempi va così).
“È stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati” cantava De Andrè e qualche anno dopo Dimartino aggiungeva “Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile o necessario alla sopravvivenza di animali in estinzione come noi”: citazioni da cantautorato nostrano (definizione che non deve spaventare) che calzano a pennello con la poetica di Frah Quintale, il quale va a prendersi il suo posto in un circolo di nomi nuovi sempre più interessanti (“cantautorap”, come dice Dargen dell’amico Dutch Nazari?).
I brani di “Regardez Moi”, insieme a quelli della playlist di Spotify “Lungolinea”, cui è stato affidato il compito di mettere le mani avanti, in attesa della pubblicazione ufficiale dell’album (a proposito bellissima idea, ma perché lasciar fuori dal lotto finale “Fare su” e “Sabato nel parco” a vantaggio della più debole "Si, ah"?), sono veri, dimostrano di avere peso specifico non indifferente e una cifra stilistica già riconoscibile, consegnandoci un autore che, come disse Bob Dylan a proposito di Kurt Cobain “ha cuore”.
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La recensione Regardez Moi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-11-20 00:00:00
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