Un album d'esordio che è un intenso viaggio nella terra e nell'acqua, con un orso come animale guida.
Abbiamo aspettato tanto questo disco, ma ne è valsa la pena. Wrongonyou ha finalmente realizzato il suo primo long-playing portando alla luce tutto quello che è: un intenso viaggio nella terra e nell'acqua, con un orso come animale guida. Si intitola "Rebirth", ma di fatto è una nascita vera e propria. Come se una piccola morte avesse trascinato così tanto sul fondo lo spirito, e ora lo stesse rilasciando con una gigantesca molla verso l'alto, verso una musica ricchissima, che si muove tra alberi, animali selvatici, specchi d'acqua e respiri profondi che danno serenità, o almeno ci provano. Un disco registrato tra l'Italia e gli Stati Uniti, dove l'approccio naturale e instintivo del "mountain man" sapientemente stressato dal produttore Michele Canova ha generato 11 canzoni pop di altissimo livello.
"Rebirth" parte da dentro, da brutti momenti superati, interiorizzati e trasposti in pezzi come "I Don't Want To Get Down" o "Prove It", in cui è la memoria a farsi portatrice di buon consiglio: gli errori non vanno ripetuti se si vuole crescere in fretta. Gli arrangiamenti maniacali, insieme alle ritmiche e al gusto per i suoni creano splendide cornici ai testi di Zitelli, ma le radici di ogni pezzo si percepisce come arrivino da chitarra e voce: "Sweet Marianne" ad esempio è un brano quasi vergine, meravigliosa rarefazione di strumenti in favore dell'anima della canzone. Wrongonyou canta e suona benissimo (non sempre, purtroppo, una capacità scontata tra chi fa musica oggi), però quello che sorprende è la tensione emotiva che si percepisce nella sua vocalità: scollegare l'attenzione a metà di un brano è praticamente impossibile. Il brano d'apertura "Tree", ma anche "Son of Winter", sono esempi chiari di come la musica del songwriter romano arrivi dritta allo stomaco e ti metta una voglia inspiegabile di alzare lo sguardo al cielo e sentirti parte di qualcosa.
La produzione "americana" avrebbe potuto distruggere i sogni del ragazzo sognatore che fa della foresta, della montagna e del lago la propria casa ideale, e qualche volta la patina pop e scintillante di questo tipo di produzione rischierebbe di standardizzare il disco nella sua interezza, quand'ecco che la titletrack "Rebirth" funge da grido di liberazione e fierezza, infatti è uno dei pochi brani non registrati con Canova. Proprio quei momenti di purezza (la spensierata "The Lake" già nel precedente ep, e "Shoulders", colonna sonora scritta con Maurizio Filardo per il film "Il Premio" di Alessandro Gassmann in cui Marco recita una parte), sono colori che completano un quadro bello e vivo.
L'autenticità dei grandi a cui si ispira come John Frusciante e Ben Harper e la contemporaneità di cantutori come Hozier e Matt Corby, sono per Marco Zitelli caratteristiche imprescindibili per non diventare una meteora. Paradossale che "Rebirth", disco di nascita e rinascita, si chiuda con "Killer", primo vagito di Wrongonyou, un cerchio che si chiude forse, una forma perfetta come lo è la natura.
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La recensione Rebirth di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-03-12 10:45:00
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