Il cantautore fidentino riparte (quasi) da zero e registra 11 canzoni di pop contemporaneo, senza chitarra acustica o suoni degli anni '70, aperte, compiute e a volte struggenti.
La via del ritorno per Dente, dopo quattro anni dal suo Canzoni per metà del 2016, è stato più accidentato del previsto. Come ci ha raccontato, il processo di lavorazione dell'album Dente non è stato per niente semplice, ma questo è un disco fortemente voluto, addirittura pensato già quattro o cinque anni fa. Col precedente, il cantautore di Fidenza ha voluto chiudere il cerchio della prima parte del suo percorso, fatto di canzoni a volte sghembe, altre dedite alla retromania e alla ricerca quasi filologica di suoni e strumenti propri del pop degli anni '60, che oggi non si usano quasi più.
Dente, l'album, sembra proprio una nuova partenza: niente chitarra acustica, canzoni compiute e intere, con tutti i crismi, di pop contemporaneo col ritornello che funziona e l'arrangiamento giusto. Il cambiamento c'è stato anche grazie a Federico Laini, con cui ha arrangiato tutte le 11 nuove canzoni, e con Matteo Cantaluppi, il producer che ha reinventato il suono dei Thegiornalisti ai tempi di Fuoricampo. Il risultato non è solo la somma di alcune tra le personalità più importanti per la musica pop (di nicchia e non) degli ultimi 10 anni, ma qualcosa di più: Dente (il cantante) si sente molto a suo agio con questi nuovi vestiti e le sue canzoni sono più ispirate, più aperte, meno di maniera.
Track by track: Anche se non voglio porta in un mondo musicale a metà tra il Battisti degli anni '70 e Francesco De Leo, con le parole cantate come il Lucio Dalla di Com'è profondo il mare. Il testo parla di se stesso, come si presentasse al nuovo pubblico e si facesse riconoscere da quello vecchio. Adieu è una canzone semplice eppure molto contemporanea, ai limiti dell'itpop, di quelle da imparare a memoria nei nuovi live. Tra 100 anni alza il ritmo e sembra di entrare in un album fine '80 di Luca Carboni. Altro potenziale singolone, ma c'è da dire che stavolta quasi tutti i pezzi lo sono. Cose dell'altro mondo parla dell'amata provincia e un po' commuove, con le sue armonie sanremesi di inizio '90, mentre Sarà la musica dà un po' la sveglia a chi aspetta che qualcosa cambi la vita per loro. Trasparente è un quadro che s dipinge da solo, che tratta di solitudine e di sogni lontani, una canzone struggente, davvero bella.
Con L'ago della bussola si torna agli anni '90, al pop un po' malinconico che fa innamorare, Non te lo dico alza di nuovo il ritmo con le sue trombe sintetiche, mentre il testo scherza sull'incapacità di comunicare in modo diretto. Paura di niente torna al Dalla e alla scuola bolognese iniziale, mentre La mia vita precedente riporta a ritmi quasi danzerecci, e qui Dente ci racconta dei luoghi in cui è cresciuto e dei rapporti nella provincia. Alla fine arriva Non cambio mai, che è un po' il pezzo manifesto di questo disco, in cui Dente si mette a nudo e riflette sulla sua vita, ma è anche un paradosso, perché in questo disco Dente ha cambiato tutto.
L'album fila e ti fa venire voglia di rimetterlo da capo una volta finito, per ascoltare di nuovo le storie normali di quelli che somigliano a noi, e ascoltare un po' di musica familiare e insieme strana, se associata a Dente. Non dev'essere stato semplice ripartire, ma l'ha fatto davvero bene.
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La recensione Dente di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-02-28 11:00:00
COMMENTI (3)
niente male, davvero niente male
@lamboscop perché no?
perchè su rockit?