Go Dugong, con un nuovo moniker, riflette le sue esperienze con le sostanze lisergiche nei numerosi specchi della sua produzione musicale, dove la parola d'ordine è psichedelia
Spesso, leggendo recensioni di dischi, vi sarà capitato di imbattervi in redattori che descrivono alcune tracce come dei viaggi o trip. Un espediente un po’ inflazionato, spesso di comodo, che però non sempre riesce a raccontare in maniera adeguata le qualità trascendenti di un album. Quella che a volte ho identificato come una carenza di fantasia o di risorse semantiche (spesso proprio nelle mie recensioni, ndr), qua è però una scelta di vocabolario molto più sensata, quasi obbligata. Sì, perché questo nuovo progetto di Giulio Fonseca, che nel mondo della musica elettronica italiana si è fatto conoscere col nome di Go Dugong, non è soltanto una raccolta di tracce a metà tra ambient e psichedelia, proprio il tipo di musica a cui spesso viene appiccicata l’etichetta di viaggio, ma è esso stesso il riflesso, il prodotto del recente percorso intrapreso dall’artista con le sostanze psichedeliche (LSD, Psilobicina, Mescalina, etc ecc…). Un percorso la cui influenza è stata così forte da spingere Giulio a rilasciare queste 10 tracce sotto un nuovo nome, Gianpace.
In questo album d’esordio con il nuovo moniker, Gianpace prende quindi la sua esperienza con le sostanze lisergiche, ce la mostra riflessa nei numerosi specchi della sua produzione musicale e, proprio come in un caleidoscopio, che con ogni rotazione trasforma le immagini tramite la rifrazione degli elementi al suo interno, anche questo disco, traccia dopo traccia si trasforma, attraversando mood e sonorità diverse, senza però discostarsi troppo dal tema generale del viaggio psichedelico. Questa circoscrizione tematica potrebbe sembrare un limite, ma Gianpace riesce, attraverso una produzione del suono creativa e stratificata, a dare a buona parte delle tracce una identità ben precisa, inconfondibile.
Mi viene in mente la bellissima e rilassatissima Ascensore per la Quarta Dimensione, la traccia maggiormente ambient all’interno del disco, dove la voce acuta del synth emerge solitaria da una morbidissima base fatta di arpeggi e accordi luminosi: distensione pura. A questa, in pacifico contrasto, segue Cura, con la collaborazione di Francesco Cucchi, che ritroveremo anche sotto il nome di Blu Ritual in chiusura. Qua i cieli chiari sembrano rannuvolarsi, e il pianoforte, insieme ad altri elementi percussivi, si perde tra reverb e delay producendo un risultato finale che nei modi e nelle sonorità ricorda molto opere di artisti come Hania Rani e Nils Frahm. Altro punto forte del disco è la collaborazione con MACE in Golden Teacher, con le lunghe slide accompagnate da accordi che danno colore ad un’altra traccia tranquilla e molto solare, con il motivo centrale che si ripete in mille salse e poi svanisce, delicato e leggero.
Delicatezza e leggerezza sono sicuramente qualità che distinguono molti dei passaggi all’interno dell’album e che favoriscono la creazione di quelle “buone vibrazioni” che lo stesso Giulio ritiene perfette per i primi “viaggi casalinghi”, di cui ci ha parlato più approfonditamente quando lo abbiamo intervistato poco tempo fa. Pensandoci, questo disco non è soltanto un viaggio per chi lo ascolta, ma vuole essere anche una sorta di guida, una figura assimilabile a quella del trip sitter, con te nei punti più meditativi e introspettivi come in quelli più cupi e combattuti; una presenza calda e rassicurante che non può che restituire sensazioni positive.
---
La recensione Gianpace di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-07-02 00:04:00
COMMENTI