LNDFK riesce ad incarnare alla perfezione fiore e fuoco nel suo splendido primo album, già tra i migliori del 2022
Sono due le cose per cui ho una particolare predilezione, un debole, quando si tratta di dischi. La prima è la presenza di una qualche sorta di intro, di brano che faccia da benvenuto e che aiuti a calarsi nelle atmosfere del disco in maniera dolce e accogliente; l’altra è la presenza di un forte tema concettuale che leghi tutti i brani, una linea sufficientemente chiara da poter definire la raccolta come un concept album.
In Kuni, primo vero e proprio album di LNDFK, giovane cantante, musicista e compositrice, si verificano entrambe le cose. Linda Feki, o LNDFK, si era fatta conoscere nel 2016 con Lust Blue, un EP prodotto a quattro mani con Dario Bass e il cui stile oscilla tra abbastanza fluidamente tra beat music, jazz e hip-hop. A questa release negli anni a seguire si sono uniti anche alcuni singoli sempre sul solito stile ma nessun disco vero e proprio, quindi con questo album si va anche a rompere un “silenzio” che ormai durava da qualche anno.
Un silenzio che viene rotto, in netto contrasto con la connotazione classica del verbo, dalla delicatezza della prima traccia: Hana-bi. In questo brano del tutto privo di percussioni e beat, LNDFK crea una atmosfera che al tempo stesso riesce sia a cullare chi è all’ascolto con delle rotonde note addolcite da un delizioso reverb, sia ad alimentare un clima di mistero con l’altra linea melodica suonata dal synth. Questa traccia però non è soltanto una dolce discesa all’interno di un disco di una certa densità, ma anche un modo per introdurre uno dei punti cardine dell’album dal punto di vista concettuale: l’omonimo film di Takeshi Kitano.
Il film, uscito nel 1997 e grande successo della critica, ruota attorno ai concetti di amore e morte (o come nel titolo dell’album, fiore e fuoco, KU - NI) e ne fotografa con poetica accuratezza l’indistricabile ubiquità. Nell’articolo che è il risultato della chiacchierata che abbiamo fatto con LNDFK, trattiamo un po’ più nel dettaglio le influenze tematiche dell’album e le sue molteplici ispirazioni, che sono tante e provengono anche da campi molto diversi tra loro.
Il disco prosegue, una traccia dopo l’altra, presentando un sound che per certi versi è simile a quello che LNDFK e Dario Bass avevano proposto nelle precedenti release: un ibrido super organico tra armonie jazz e sonorità che spaziano dal soul all’hip-hop, condite da una produzione del suono molto creativa. Già in Takeshi però, la seconda traccia, possiamo notare come questo sound si sia evoluto e abbia trovato una sua identità che inizia a discostarsi dalle influenze che lo hanno formato. Le rapide scale in apertura del brano, separate da delle brevi pause, sono ricalcate dalla voce di Linda, con uno scatting preciso e dal carattere molto umano, respirato, cantato. È una tecnica che accompagna il brano nei suoi tortuosi cambi di ritmo e che troverà spazio anche in altre tracce all’interno dell’album, come ad esempio in Ku, bellissimo singolo uscito poche settimane fa. Questo brano rappresenta benissimo lo stile dell’album, con un’apertura di decisa ispirazione orientale e un ventaglio di tecnicismi impressionante, sia dal lato del cantato che da quello del suonato.
Questo è un album che con i cambi di ritmo gioca molto, passando con grande facilità da segmenti a velocità frenetica a momenti dove nel mix si crea lo spazio che ci permette di riprendere fiato e rilassarci, in un ennesimo gioco tra opposti che è alla base poi dell’essenza tematica dell’album stesso. Smoke – a moon or a button oltre ad essere una tra le mie tracce preferite all’interno del disco, è anche l’esempio perfetto di questa alternanza. L’attacco è semplice e dolce, a metà tra una ninna nanna e una ballata dello standard jazz, con la voce di Linda che mostra tutta la sua delicatezza, volteggiando come una piuma prima di atterrare armoniosa sullo “smile” alla fine dei primi versi. Il cantato e le sue varie stratificazioni, accompagnate da un beat molto rilassato, giocano ancora un po’ a rincorrersi con le voci di synth, prima che queste, nella seconda metà della traccia esplodano in un assolo a rotta di collo che ci porta fino quasi alla fine della traccia.
Già di per sé tutto questo sarebbe stato sufficiente a rendere l’album un notevole passo in avanti per LNDFK, ma non è tutto qui. Ad impreziosire il tutto ci sono pure varie partecipazioni esterne graditissime sia di compositori, come nel caso di Asa-Chung e Jason Lindner, che di rapper, come Pink Siifu e Chester Watson.
La chiusura del disco, ispirata ad una bellissima poesia di Edoardo Sanguineti, non è che l’ennesima dimostrazione della cura estrema che è stata messa nella realizzazione di questo progetto, che mi sento di raccomandare caldamente e che sono sicuro tornerò ad ascoltare per il resto del 2022.
---
La recensione Kuni di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-02-11 01:57:00
COMMENTI