Tra fisica e quotidianità, infinitamente piccolo e macro, crescita e coerenza, anche stavolta i Gazebo puntano al cuore
Sono passati più di 10 anni dall’exploit di ‘Legna’, poco meno dal seguito ‘Raudo’, insomma circa un decennio da quell’accoppiata che ha segnato l’emo-core e l’indie rock italiano. Quattro anni dopo, ‘Nebbia’ ci raccontava un gruppo fedele a se stesso ma incamminato su riflessioni diverse, e ‘Quanto’ arriva a ben cinque anni di distanza, chiudendo un decennio di attività misurata e densa di riflessioni. Nonostante il tempo passato, ritroviamo il gruppo sempre sullo stesso binario dell’ultima volta, ma un gradino più avanti in un percorso unico e ricco di stimoli: quello di un gruppo di ragazzi che sta provando a raccontare con la musica i dubbi e i tormenti della crescita, dal punto di vista degli appartenenti a una generazione che sta affrontando il tema in un modo tutto suo, per mille ragioni, e da quello di musicisti che proprio del racconto delle emozioni e degli istanti di un’età diversa, precedente, avevano fatto la loro carta vincente.
Crescere sì, ma fino a un certo punto: la formula musicale, per esempio, è sempre la stessa, semplice e inconfondibile, ma articolata con dinamiche, equilibri e forme diverse, nuovi dettagli e sfumature, influenze. Al centro sempre la trinità di riff di chitarra, ritmica incisiva e melodie istintive e urgenti, sputate fuori in un urlo vestito di abito corale (Feyerband, Uscire), che si declina tra episodi più concisi e pop (Erwin, non il migliore del lotto), momenti più legati ad una radice posto hardcore , accenni di sperimentalismo (l’opener, con il suo sax obliquo). Ci sono le dilatazioni, i colori sbiaditi e quella peculiare forma argomentativa sospesa di una sorta di post-rock che interroga il senso stesso di questo album (Uscire), forse la sua componente più autentica e stimolante: dopo la nebbia, l’indefinitezza ovattata e (illusoriamente?) solitaria della vita che si fa adulta, la riflessione dei Gazebo su vuoti, mancanze e solitudini si fa più apparentemente astratta e metaforicamente concreta, quasi metafisica.
‘Quanto’ non è pronome, ma è il quanto l’unità minima della materia, l’architettura di quell’infinitamente piccolo che è un universo speculare a quello dell’infinitamente grande. Universi fatti di distanze, di vuoti che in realtà non dovrebbero esistere, ma allora perché li sentiamo (Se non esiste il vuoto)? Universi in cui è facile rispecchiarsi, per noi che siamo frammenti minuscoli scagliati in qualcosa di enorme e incontemplabile, in balia di leggi e dinamiche che non possiamo padroneggiare, ma possiamo provare a comprendere e a maneggiare immaginando, con qualcosa di simile ad una serena rassegnazione rispetto al poco che sappiamo e al tanto che resta ancora da scoprire. I quattro emiliani attraversano queste dimensioni camminando sul filo tra riferimenti cosmici e la quotidianità, a partire dai titoli, tra un filosofo della scienza (la bellissima Feyerabend) e un Cosa fai domani, tra la fisica e quelle scene di vita ricche di dettagli e apparenti minuzie che da sempre regalano vividezza alle loro descrizioni di cose e stati d’animo, facendoci riconoscere in quei versi e quei riff.
‘Quanto’ è un disco pensato per un pubblico che sta cambiando con i musicisti che fanno da colonna sonora alla sua vita, ma solo fino a un certo punto, ed è un modo di crescere insieme discreto ed emozionante al tempo stesso, lontano da nostalgie e però senza fretta di stravolgere. Soprattutto, è un disco pensato per una comunità di ascoltatori che si riconosce ancora (e per fortuna) in ritualità che negli ultimi anni hanno avuto e ancora hanno vita difficile, come quella dei concerti: più di un mese prima dell’uscita, le sette canzoni hanno già visto la luce per il pubblico di quattro show, creando per qualche settimana una strana condizione di non esistenza digitale e di presenza mnemonica, una scelta che è un piccolo gesto politico e di cura verso il proprio pubblico e la propria musica. Adesso ‘Quanto’ arriva su tutte le piattaforme e lo ascoltiamo volentieri così, ma aspettiamo già un nuovo giro sui palchi.
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La recensione Quanto di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-12-16 00:00:00
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