Scat Il muro dopo Nagasaki 2009 - Strumentale, Post-Rock

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"Non c'è vuoto che tenga, non c'è vuoto che valga". Trame di melodie come cantilene, sotto c'è un sottofondo nebbioso, sopra covoni di nebbia, passano sul fiume degli Scat stop and go furiosi che si scatenano come temporali, e dopo rimangono radure di silenzi, le gocce che cadono dagli alberi, gli animali e gli uomini si sono rintanati altrove. E non c'è nessuno che veda sorgere quest'alba, tranne gli Scat.

Un sassofono che disciplina e impreziosisce tutto il lavoro, e per il resto otto tracce che nonostante le premesse allettanti – l'ethos espresso in qualche rimando sociale che permea soltanto dal titolo e da qualche frase sparsa nei testi, e il pathos, quello del post-rock declinato in jazz e compresso talvolta in hard-core, di cui si conoscono ormai le dinamiche e che non sorprende più - a mio avviso non riescono a volare così in alto. Post-rock pregno di polvere ed odori, con abbastanza personalità da farsi riconoscere (all'attivo hanno già un disco e diverse demo), che è già un buonissimo inizio, ma che rimane ancorato a banalità e noie del genere: l'improvvisazione ridondante, i movimenti dei pezzi prevedibili, l'ascoltatore prova quasi un senso di esclusione, come se a divertirsi sia più che altro il gruppo stesso. Rispetto all'album precedente, introducono un cantato maschile che toglie un po' di monotonia alla musica e che in un brano recita un frammento di Pasolini degli "Scritti Corsari", negli altri trasporta pigramente dentro la materia astratta e dilatata di un post-rock che vive, e l'importante è che viva, rimanendo in uno stagno torbido degli anni 90. Ma se non fosse così torbido, non sarebbe più nemmeno post-rock.

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La recensione Il muro dopo Nagasaki di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2009-10-05 00:00:00

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