L'idea di partenza è bella, o quantomeno interessante: la triste constatazione che nell'Italia degli ultimi trent'anni la musica abbia contato meno di zero, diventando specchio della cultura di un paese intero che copia al posto di creare, che invece di anticipare le tendenze arriva sempre in ritardo, e che per questo non riesce ad imporsi adeguatamente in un dibattito internazionale. La soluzione, secondo Morgan, potrebbe essere quella di cancellare tutto, far finta che non sia successo niente e ripartire dai tempi d'oro con una sorta di cover album al contrario in cui si cantano delle canzoni italiane talmente belle che Elvis ce le rubava per ammiccarle alle teenagers americane.
Durante questo esperimento di alfabetizzazione musicale mister Castoldi ha deciso di scrollarsi ogni responsabilità compositiva, non suonando né riarrangiando nulla rimanendo (a suo dire) un mero cantante impegnato nella riproduzione pedissequa di grandi canzoni, probabilmente per consegnarle al grande pubblico cercando il più possibile di mantenere la loro sacralità culturale. Peccato, però, che il risultato sia disastroso.
Sarà che questo delegare ad altri il lavoro sporco non è stata esattamente una grande idea, o sarà che la sua voce, assoluta protagonista incontrastata del disco, non è di certo all'altezza di un Tenco o un Modugno, ed ha senso solo se incorniciata nei ghirigori armonici che lui stesso, di solito, si cuce addosso come il migliore dei sarti, ma l'impressione finale è che si tratti di un disco da pianobar, con arrangiamenti posticci ricoperti da interpretazioni forzate. La sensazione è un po' la stessa di quando volendosi avvicinare ai grandi della musica italiana si va a comprare una raccolta di grandi successi per poi scoprire, una volta messo su il disco, che si tratta di reinterpretazioni postume che hanno addosso tutta la stanchezza e la volgarità del tempo. Patetiche due volte perché rovinate dagli stessi interpreti originali.
Ecco, qui Morgan fa anche di peggio. Avrebbe potuto utilizzare il suo straordinario talento di compositore per dare nuova vita a bellissimi pezzi di un'altra epoca, farli conoscere al grande pubblico sotto una veste diversa ed inedita che avrebbe rinfrescato la memoria a chi ha dimenticato troppo in fretta distratto dagli spot televisivi, o a chi, semplicemente, a quei tempi non era ancora nato.
Lo slancio filologico, ancor prima che filantropico (pur apprezzabile), si annulla invece in un album mediocre in cui si torturano canzoni intoccabili come "Il cielo in una stanza" o "Lontano dagli occhi" con la scusa di lasciarle al loro vecchio splendore, con in più la pedanteria di ricantarle ben due volte ognuna, prima in italiano e poi in inglese; e se è vero (come dichiara in un'intervista al Corriere) che "l'idea che la musica stia nelle teche di vetro e che non possa essere ripresa in mano e riutilizzata è un'idea fascista" è vero anche che toglierla dalle teche per usarla come megafono per il proprio ego è altrettanto fascista.
Ed è "fascista" anche pensare che per riportare la musica italiana al suo dovuto splendore ci sia per forza bisogno di santificare l'arte del dopoguerra a discapito di tutto quello che è stato prodotto nel frattempo, -quello sì- dimenticato sotto quintali di ciarpame televisivo e plastica culturale, dal meccanismo aberrante che Morgan stesso addita affranto come causa della bassezza artistica del nostro paese.
Forse saremo smentiti dalle prossime uscite, ma "Italian Songbook Vol.1", primo di una serie di tre raccolte, sembra proprio una manovra culturale andata a male o, in alternativa, un esperimento mediatico riuscito perfettamente.
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La recensione Italian Songbook Vol. 1 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2009-04-24 00:00:00
COMMENTI (6)
non SEI più COME ERI!
ego o non ego che sia, uno che prima decanta battiato, tenco e de andré e poi va ad x factor...
..é stato bello finché è durato.
Morgan è il miglior pianobarista d' Italia
bravissima!
"è vero anche che toglierla dalle teche per usarla come megafono per il proprio ego è altrettanto fascista."
Grande Nur!
recensione perfetta. ma specifichiamo che morgan, ottimo o mediocre compositore che sia, è pure lui parte di quel ciarpame telesivo di cui prima. fatto di acconciature bizzarre, pose da ultradivo, considerazioni inutilmente prolisse e quel cazzo di ego che sbatte di continuo in faccia alla telecamera. l'ho visto qualche tempo fa che accompagnava al basso (sopra le righe, volgare) quel mascherone di patti pravo che si dimenticava pure le parole. una merda. e giù applausi, quella papera della maionchi che sbatte le mani e ridacchia brrr
Uno delle migliori recensioni apparse su questo portale negli ultimi anni.
Bravo.
:?