Un disco dalla storia contorta, concepito sei anni fa. Pop rock quasi d'autore, ancora imperfetto
Un disco registrato tra il 2007 e il 2008, poi uscito a quanto sembra nel 2012 (o nel 2009). E chissà dov'era finito. Chissà dove sono finiti loro, nemmeno la pagina Facebook non dà segni di vita.
La band è di Milano ed è attiva da tempo. In questo lavoro c'è lo zampino di Paolo Benvegnù, nella produzione, nella registrazione e, ovviamente, nell'ispirazione. Lele Battista suona il piano in un pezzo. "Quel che resta del giorno" suona anni '90, quel cantautorato corale sospeso tra il rock all'italiana e il pop d'autore. Con ritornelli e testi riflessivi, belle chitarre che fuggono via e batterie che ti riportano con i piedi per terra. Alcuni brani non passano troppo inosservati, come la track d'apertura e "Primo istinto". O "Un'altra notte". Altri sono orecchiabili, ma poco incisivi.
Mi chiedo che cosa ne avrei pensato se l'avessi tenuto tra le mani appena registrato nel 2008. In cinque anni cambiano tante cose, nel mondo. Nella musica. Oggi penso che potrebbero fare meglio, che qualche buona idea ce l'hanno. Ma soprattutto mi chiedo dove siano. Se state facendo qualcosa, Pekisch, battete un colpo.
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La recensione Quel che resta del giorno di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-08-23 00:00:00
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