Che genere suonano lo dice il nome. Lo suonano bene, forse anche troppo. Ma ogni tanto osano, provano a staccarsi dai grandi nomi di riferimento, e allora ci piacciono di più.
In un mondo etimologicamente corretto, il funk dovrebbe essere sempre sporco, sudato e ballato in locali dalla dubbia frequentazione. Ma rassegnamoci al fatto che già da un bel po' non è così, e che lo sbiancamento del genere è ormai radicato e irreversibile. Partendo da questo presupposto, il limite dei Deus Funk - e cioè un sound dal piglio un po' troppo pulito - non può condizionare più di tanto il giudizio sull'album.
Che è, appunto, pulito, limpido nelle intenzioni e nel risultato, ineccepibile nello svolgimento come il compito di uno studente modello. Noioso quindi? Oddio, in qualche punto in cui è troppo evidente l'impronta dei maestri (Red Hot Chili Peppers su tutti, per esempio in “Love”. Troppo.) uno sbadiglio può scappare, ma nell'insieme il lavoro funziona. Si ballicchia, le slappate sono dosate con intelligenza, c'è il giusto mix di rispetto per il passato e attenzione a non cadere nel passatismo, la cover (“Message In A Bottle”) è personalizzata in modo abbastanza originale, l'alternanza fra i pezzi lenti (“Close” su tutti, lodevole perché si mantiene sotto le righe evitando la trappola della ballatona da camionista) e quelli quasi funk-metal è giusta.
Il meglio di loro, però, i Deus Funk lo danno quando ci mettono anche del jazz (“The Waves”, Part 1 e Part 2) e lo fanno con una finezza che sì, è poco sporca e sudata, ma va bene. A ballare in locali equivoci ci andiamo un'altra sera.
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La recensione The Line Between di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-01-30 00:00:00
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