Purtroppo, dire di un album che non sembra italiano è ancora un complimento. "Without religions" non sembra un album italiano. È il ritorno dei Degada Saf, storica band della nostrana new wave, tornata in attività un paio d'anni orsono dopo un oblio che durava dall'86. Di quegli anni gloriosi i due non hanno perso l'attitudine per l'elettropop che però, ovviamente, oggi interpretano con nuovi strumenti, nuovi suoni, un nuovo bagaglio pieno di tutto ciò che la fede techno ha creato di buono negli ultimi vent'anni - soprattutto, che lo diciamo a fare, dall'altro lato delle Alpi, da una parte e dall'altra della Manica. Insomma, se avete voglia di organizzare un rave, old o nu style che sia, un paio di pezzi di questo disco, in scaletta, ci stanno tutti. È solo questione di gradazione nostalgica: se si rimpiangono i Prodigy, via con la traccia 1, "Without Religions". Se si era del partito Underworld, c'è "Let Me Inside When I'm Walking", mentre i clubbettari di ascendenze più metal che punk ricaveranno belle soddisfazioni dall'industrial di "Born to Criticize" e "No More Reasons". E poi, visto che degli anni ottanta pare che non ci libereremo ancora per non si sa quanto, ci sarà modo di inforcare gli occhiali plasticosi a fessure quando partiranno le note molto wave – ma non antiche - di "Replica" e della neworderiana "Blue Monday". Ma se ce n'è per tutti i gusti, che cosa manca ai Degada per diventare mainstream (ammesso che gli interessi)? Boh. Forse avrebbero bisogno solo di un Samuel, come i Motel Connection, per dire.
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La recensione Without religious di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2009-10-01 00:00:00
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