Di primo acchito, "Tajga" sembra un disco arrivato oltre tempo massimo: infatti, le nove canzoni che lo compongono sono incentrate su ritmiche dark-wave piuttosto anacronistiche e rimandano ad espressività vicine a band del passato (in particolar modo Joy Division e Cure). Tuttavia, un successivo e più attento ascolto fa breccia su una serie di interessanti sfumature che dimostrano il talento degli autori ed evidenziano il lavoro di ricerca che sta alla base dell'album.
Emerge, dunque, il fascino di testi esistenzialisti e di sonorità ipnotiche che, sotto la sapiente regia di Amaury Cambuzat (presente nella duplice veste di produttore e musicista), si spingono verso inesplorati scenari post-rock. Scenari che illuminano di algida bellezza episodi come "Exemple de violence" (brano tra i cui anfratti echeggiano colti rimandi agli Ulan Bator), "Sin", "Alone" e "Tundra".
Alla fine ne deriva un disco infarcito di spunti davvero interessanti ma che a tratti scivola in alcune parentesi un po' troppo scontate e che quindi manifesta i tratti di una band capace di dimostrare (tutte) le sue qualità solo quando riesce a sganciarsi dagli ingombranti modelli del passato, osando e dando libero e totale sfogo alla propria creatività (ad esempio cimentandosi con la lingua francese). Aspetto la prossima uscita per il giudizio finale.
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La recensione Tajga di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-05-12 00:00:00
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